Duro colpo al clan dei “barcellonesi” che, attivo a Barcellona Pozzo di Gotto e sul versante tirrenico della provincia di Messina, è stato smantellato nel corso di una operazione scattata questa mattina

I carabinieri del capoluogo etneo hanno infatti eseguito tra Calabria e Sicilia 86 misure cautelari, di cui 52 in carcere28 ai domiciliari e 5 obblighi di presentazione alla Polizia, emesse dal Gip del Tribunale su coordinamento della Procura della Repubblica.

Il gip ha riconosciuto il reato di associazione di tipo mafioso per 13 persone e di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti per 22 indagati, con la rubricazione dell’aggravante del metodo mafioso nei confronti di 42 soggetti.

LE INDAGINI

Le indagini hanno permesso di scoprire l’ambito d’azione del clan che, capace di esercitare il controllo su attività imprenditoriali e di economia lecita, avrebbe imposto nel settore della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli la fornitura dei prodotti e prezzi di mercato da applicare sulla merce, ma anche il business dei locali notturni e ricreativi del litorale tirrenico nell’area di Milazzo.

Qui il gruppo avrebbe imposto i servizi di sicurezza usando anche le intimidazioni, come l’incendio doloso di una sala ricevimenti riconducibile ad imprenditori concorrenti.

Le investigazioni hanno poi messo in luce la spregiudicatezza del clan, di cui facevano parte persone che, una volta scarcerate, si sarebbero rese protagoniste di incontri e di interlocuzioni per definire strategie condivise e i nuovi assetti ed equilibri organizzativi.

L’ALLEANZA

Nel corso degli incontri sarebbero state gettate le basi per ricostruire un’alleanza tra i vertici della famiglia “dei barcellonesi”, che in passato si erano allontanati.

Un’alleanza che sarebbe servita per imporre una regia unica alle attività e ripristinare quindi una cassa comune (denominata “paniere” o “bacinella”) dove far confluire i proventi delle attività illecite, in parte destinati al sostentamento degli affiliati in carcere.

La riorganizzazione ha riguardato non solo la riscossione sistematica e programmata delle estorsioni, in particolare nel corso delle festività di Pasqua, Natale e Ferragosto, ma anche la pianificazione ed esecuzione di intimidazioni, come incendi e violenze fisiche.

Intimidazioni che per gli inquirenti avrebbero anche funzionato, dato che le vittime non avrebbero mai neanche denunciato il ritrovamento di bottiglie incendiarie.

GLI AFFARI

Il clan che controllava il territorio non solo con taglieggiamento degli imprenditori locali, “gestiva” inoltre il business della prostituzione, in particolare nell’area milazzese, in cui era presente un’associazione promossa da un individuo ritenuto vicino alla famiglia mafiosa, a cui garantiva periodiche dazioni di denaro in cambio di “protezione”.

Controlli erano anche sull’approvvigionamento di ingenti quantitativi di stupefacente, destinata alle piazze di spaccio Barcellonesi, Milazzesi e di altri comuni della provincia; così come sulla gestione di bische clandestine, dove promuovere il gioco d’azzardo.

Il gruppo inoltre interloquiva stabilmente con altre consorterie mafiose radicate in Sicilia e in Calabria.

In occasione delle elezioni amministrative che si sono svolte a Barcellona Pozzo di Gotto il 4 e il 5 ottobre del 2020, sono emerse interlocuzioni tra un uomo di vertice dell’associazione mafiosa e persone del mondo della politica.

Per l’accusa il clan avrebbe offerto voti in cambio di indicative di posti di lavoro e altre utilità.

Oltre alle misure cautelari, i militari hanno sequestrato tre società, di cui una nel settore immobiliare e che si ritiene sia stata usata per agevolare la prostituzione con appartamenti dati in affitto; le restanti impegnate nella vendita all’ingrosso di ortofrutta, riconducibile agli indagati.

Sigilli, ancora, per quattro immobili, di cui due impiegati come case di prostituzione e altrettanti intestati fittiziamente; infine un locale e un veicolo. Il tutto per valore complessivo di circa un milione di euro.

IL SECONDO FILONE

Un secondo filone delle indagini è partito a seguito della scarcerazione di un sodale di spicco della “famiglia barcellonese”, considerato deputato alla gestione del traffico di stupefacenti.

Le investigazioni hanno portato a scoprire due associazioni che alimentavano a vario titolo le piazze di spaccio non solo di Barcellona Pozzo di Gotto, ma anche di altri comuni dell’area tirrenica, tra cui Rodì Milici, Terme Vigliatore e Milazzo, spingendosi fino a Messina e in altri centri della fascia ionica della provincia, nello specifico Letojanni e Giardini di Naxos.

Nel corso delle attività sono stati sequestrati 19 chili tra cocaina, hashish e marijuana.

IL TERZO FILONE

Un terzo filone, portato avanti dai Carabinieri di Milazzo, ha permesso invece di documentare la filiera al dettaglio dello spaccio di marijuana, hashish, Lsd e cocaina.

Le sostanze erano fornite da due distinti gruppi criminali e venivano poi distribuite nell’area di Milazzo, della Valle del Mela, del barcellonese e nelle Isole Eolie.

Alcuni indagati, inoltre avevano armi da fuoco, ma erano soliti ricorrere a minacce, percosse e danneggiamenti. In un episodio alcuni di loro hanno sequestrato e rapinato un giovane, lo hanno portato in un luogo isolato, per poi picchiarlo e derubarlo.

Altri indagati sono inoltre accusati di aver commesso diversi furti in abitazioni, in un istituto scolastico e in lidi balneari, un cantiere nautico e un’autorimessa: colpi portati a termine per assicurarsi il danaro per l’acquisto di partite di stupefacente.

I militari hanno arrestato in flagranza cinque persone e denunciato altre dieci in stato di libertà, per detenzione di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di arma comune, furto, ricettazione ed altro.

Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione, scambio elettorale politico mafioso, trasferimento fraudolento di valori, detenzione e porto illegale di armi, incendio, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, con l’aggravante del metodo mafioso.

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