“Fusse che fusse la vorta bbona”, diceva Nino Manfredi in un celebre tormentone di Canzonissima 1959-60. Forse è la volta buona per la  Bovalino-Bagnara, un augurio di fine d’anno, una speranza che si trasformerà in realtà. All’Assemblea della Città Metropolitana si sta votando per l’approvazione dello Statuto ed è stato inserito, nello Statuto non solo l’opera del traforo dello Zillastro e la costruzione dei 39 chilometri,  ma pure l’”Area Aspromontana” indispensabile per lo sviluppo della Locride, della Piana e del territorio reggino. Tutto questo, e non è poco, con qualche defezione (una dozzina di sindaci, qualcuno della zona jonica, a quanto pare,  hanno votato per il “No” al Traforo ed anche per il “No” all’”Area che connota il nostro Aspromonte Orientale e Meridionale), l’articolato è passato alla grande. “Va bene così” ha detto soddisfatto  Rosario Sergi, sindaco di Platì, fiducioso che allo “scritto” statutario corrisponderà finalmente l’inizio dell’opera.  
Il problema della Bovalino-Bagnara continua ad affascinare nonostante se ne ridiscute dopo otto lustri di promesse, di inaugurazioni, di creazione di “Comitati”, (saranno serviti a qualcosa…..!) convegni e congressi con  inaugurazioni di spezzoni di strada ad una corsia, collocati in mezzo a costruzioni abitative, imprese commerciali ed artigianali, nel mentre si concretizzava la Rosarno-Marina di Gioiosa Jonica, e la nuova SS106 (E90) da Caulonia a Locri. Ma si è dovuto arrivare al Terzo Millennio per vedere alla luce alcuni antichi progetti mentre altri, importantissimi (si pensi allo Stabilimento di Bricà di Bovalino) son rimasti sogni nel cassetto.  E non basta nemmeno ricordare che il senatore Pietro Fuda, oggi sindaco di Siderno e già Presidente dell’Amministrazione provinciale, così diceva in un convegno organizzato nella Locride: “Faccio parte di questo governo ed il mio voto, molto importante,  lo metto a disposizione della popolazione, per la costruzione  di questa opera che dovrà servire per il decollo non solo della Locride ma dell’intera provincia”. Nell’incontro del 2007 c’era anche l’ingegnere Antonino Brath lo stesso che dopo quarant’anni ripresentava il suo progetto per il traforo dello Zillastro che avrebbe rappresentato, ad opera ultimata (otto anni), l’infrastruttura essenziale per il rilancio socio-politico-economico-culturale dell’Aspromonte Orientale e Meridionale, avvicinando queste popolazioni all’aeroporto, all’autostrada, ai treni a lunga percorrenza. Ma già 1973 i cittadini di Bovalino, e non solo, applaudirono la relazione di Brath.  Al Comune si era insediata la classe giovane democristiana e socialista desiderosa di prendere il posto della “vecchia”. L’operazione del “nuovo” riuscì bene, ma i sequestri di persona continuarono e si trasformarono nel tempo in altre “associazioni” meno rischiose e più redditizie, e dello Zillastro,  se ne riparlò nel 1984 ed anche in quella circostanza l’insigne studioso osò ripresentare il progetto ai politici provinciali e regionali, convinto che ancora si potesse fare qualcosa. L’ing. Brath ritornò a Bovalino nel novembre del 2007  per firmare, ahinoi! la consegna dei lavori di un lotto di pochi chilometri: svincolo di Bovalino per Platì – svincolo  Natile Nuovo. Era una scommessa di Brath con sé stesso. Del traforo e dei cavalcavia non se n’è più parlato. Si riparte? Sembra proprio di si. Dobbiamo crederci! Abbiamo bisogno di crederci!

Domenico Agostini

ilpaese.info