Quattordici anni di reclusione, riconosciute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle circostanze aggravanti della minorata difesa pubblica e risarcimento dei danni in sede civile ai familiari della vittima.

Questa la decisione della Corte di Cassazione a carico di Giuseppe Zangari, il 49enne di Spadola, nel vibonese sotto processo per aver ucciso, nel febbraio del 2017, il suo compare d’anello, Bruno Lacaria, commercialista 52enne

Rigettato il ricorso dei legali (Enzo Galeota e Michele Ciconte) e confermata in terzo grado, dunque, la sentenza già emessa nel gennaio del 2019  dalla Corte d’Appello di Catanzaro, che allora condannò Zangari e ridusse di 3 anni e 4 mesi gli anni di carcere inflittigli in primo grado, nel processo celebrato con il rito abbreviato 

LA VICENDA

raccontando di essere stato obbligato a farloAgli inizi di febbraio del 2017 Zangari venne ricoverato nell’ospedale di Locri, dopo aver ingerito del pesticida agricolo , da una persona, allora non subito identificata, che avrebbe minacciato con una pistola puntatagli alla tempia.

Verso la fine dello stesse mese, poi, in una zona impervia di località Lacina, a Brognaturo, venne ritrovato il cadavere di Lacaria

Zangari si presentò spontaneamente ai militari chiedendo di essere ascoltato alla presenza del Pm e così confessando il delitto e riferendo sia il movente, le modalità dell’omicidio, avvenuto utilizzando un’arma impropria, ed indicando anche il luogo dove avrebbe gettato il cadavere. L’avvelenamento col pesticida, insomma, sarebbe stato una stratagemma architettato per sviare le indagini.

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