Aveva 60 anni ed è scomparsa lo scorso gennaio per un tumore al pancreas dopo 10 mesi dalla diagnosi. La storia di Elisa Scali, da oggi, lega indissolubilmente Verona (città di cura) e Roccella Jonica (città di nascita). Per volontà della famiglia è stata fatta una raccolta fondi da destinare alla ricerca per nuove terapie sempre più mirate contro questa neoplasia, considerato un vero “big killer”.
La storia clinica di Elisa. La storia clinica di Elisa è una storia straordinaria perché racconta di un sistema sanitario pubblico nel quale la collaborazione tra Centri distanti centinaia di chilometri tra loro (Verona e Catanzaro) consente di curare una persona senza allontanarla dai suoi affetti, dalla sua famiglia, dai suoi alunni, dalla sua comunità. La stima e la collaborazione tra specialisti, unitamente alla capacità di assumersi responsabilità professionali ha consentito ad Elisa di passare il suo ultimo Natale a casa. Nonostante le due biopsie non si è riusciti, nel suo caso, ad ottenere materiale adeguato per le analisi genomiche previste dallo studio finanziato dal Ministero della salute.
La storia personale di Elisa. Quella della professoressa Elisabetta Scali non è la storia di un successo clinico. Anzi, è la storia di ordinario “fallimento” perché Elisa purtroppo non è guarita dal suo tumore del pancreas diagnosticato nell’aprile 2023. Il decorso della sua malattia è stato persino più rapido della media dei pazienti nella sua condizione. Docente appassionata, Elisa aveva un’idea alta della scuola come un vero e proprio presidio di cultura, un luogo in cui imparare e trasmettere il rigore del pensiero critico e la passione per il sapere, incoraggiando lo stile della collegialità in nome dell’ideale di una formazione umana della persona. Anche al di fuori della scuola, Elisa ha promosso l’entusiasmo e il coraggio delle idee e attraverso l’associazione culturale Scholé (di cui è stata socia fondatrice e vicepresidente) ha avvicinato alla filosofia moltissime persone di tutte le età.
La Comunità di Roccella Jonica (Reggio Calabria). Elisa è stata un punto di riferimento per tutta la comunità di Roccella Ionica. La sua passione visionaria per la cultura e per la scuola e il suo inguaribile ottimismo l’hanno spinta a spendersi instancabilmente per tutto ciò che riteneva importante per la crescita umana e sociale della comunità, a cominciare dall’impegno nella sua professione. Per l’esempio che è stata per moltissime persone, anche durante la mattia, il paese ha prontamente voluto e chiesto di contribuire al progetto ambizioso di creare una borsa di studio in suo nome per la ricerca contro il tumore al pancreas. Il contributo di 30.000 euro raccolto “Per Elisa”, che viene oggi donato a FIMP, verrà utilizzato per supportare, attraverso una borsa di studio, un giovane ricercatore.
La ricerca genomica. Il ricercatore lavorerà ad un progetto che riguarda la sistematizzazione dei dati di genomica di oltre 1000 pazienti affetti da tumore del pancreas, alla ricerca di nuovi biomarcatori e nuovi bersagli e strategie terapeutiche. FIMP (Fondazione Italiana per la ricerca sulle Malattie del Pancreas https://fimpancreas.org), assieme a tante altre Istituzioni, associazioni e ricercatori, è impegnata da anni nel tentativo di utilizzare informazioni sul genoma del tumore di ogni singolo paziente con neoplasia del pancreas per prevedere il comportamento della malattia ed identificare il trattamento migliore.
La borsa intitolata al ricordo di Elisa sarà bandita a breve ed è intenzione di FIMP e del nostro ateneo veronese celebrarne l’assegnazione al vincitore della selezione, nel contesto della Giornata mondiale del Tumore del pancreas, che si terrà a novembre.
Callisto Bravi, direttore generale: “In questo caso possiamo dire che la morte genera la vita. La scomparsa della professoressa Elisa e lo spessore etico della sua bella famiglia. Oggi diamo un messaggio importante di prospettiva ai malati perché la ricerca è fondamentale, di collaborazione professionale dentro al sistema sanitario nazionale e di fiducia nell’innovazione per il progresso della medicina. In fondo, insegnanti e medici sono accomunati dalla stessa missione di cura delle persone”.
Fausto Certomà, marito: “Elisa non ha mai voluto sentirsi malata, soprattutto dopo essere stata a Verona ed essersi sentita in buone mani. Non ha mai abbandonato l’ottimismo, per questo oggi noi vogliamo continuare in nome suo ad essere sostenitori della ricerca. Questa borsa è il nostro punto di partenza, continueremo nella raccolta fondi destinata unicamente alla ricerca sul pancreas. È merito delle mie figlie se è partito l’impegno ‘Per Elisa’ che ha l’ospedale di Verona come destinatario naturale”.
Maria Novella Luciani, dirigente ministero della Salute e amica della paziente: “Non c’è buona assistenza se non c’è buona ricerca. Elisa ha avuto solo un attimo di smarrimento iniziale, quando non sapeva cosa fare. Poi le ho indicato l’ospedale di Verona e da lì sono partiti dieci mesi di vita vissuta intensamente. Nessuno di noi può sconfiggere la morte perché fa parte della vita, ognuno di noi però deve poter contare su una presa in carico di qualità, su diagnosi sempre più precoci e la ricerca ci permetterà di arrivare sempre più veloci”.
Michele Milella, direttore Uoc Oncologia: “La malattia non era ancora metastatica quando l’abbiamo intercettata ma era localmente avanzata quindi non suscettibile dell’intervento chirurgico. Sono proprio i casi su cui costantemente ci confrontiamo con i colleghi, proprio per cercare di individuare il percorso che dia le maggiori chance di cura. Purtroppo in corso d’opera la malattia è peggiorata, con la complicanza dell’Ittero e la comparsa di lesioni secondarie. La caratterizzazione molecolare avrebbe potuto fornirci dati importanti per le cure successive, ma il caso di Elisa è stato uno di quel 10% in cui il materiale prelevato a livello diagnostico, anche in un centro di eccellenza come il nostro, non è stato adeguato per una caratterizzazione efficace della neoplasia. C’è una piccola percentuale di casi in cui la qualità del materiale che viene prelevato non è adeguata a poter effettuare tutti i test molecolari che servono. Ma la storia di Elisa ci insegna molto sull’importanza della telemedicina, che consente ai pazienti di essere trattati da centri importanti come il nostro senza essere strappati dallo loro quotidianità, ma ci insegna anche che l’esempio delle persone può portare a traguardi importanti come quello ambizioso che abbiamo con Fimp per avere più dati sulla genomica”.
Aldo Scarpa, direttore Uoc Anatomia e Istologia patologica: “Sono particolarmente colpito dall’iniziativa della famiglia perché è un gesto importante che testimonia un successo umano, perché la ricerca di oggi è la cura di domani. Nel nostro paese, oggi il supporto alla ricerca è ancora scarso, per cui ringrazio veramente questa famiglia. La ricerca sui tumori solidi è nata nell’ambito del pancreas e sono stati i chirurghi del pancreas a far partire per primi la ricerca. Anche Verona è entrata nel Consorzio del genoma dei tumori, rappresentando l’Italia, e ci siamo entrati con il pancreas perché eravamo tra i pochissimi ad avere materiali e conoscenza. È stato fatto tanto e oggi il 5/10% di casi possono essere trattati in maniera specifica perché conosciamo alcune anomalie che aggrediamo in maniera specifica con farmaci. La tecnologia che abbiamo sviluppato è molto sofisticata perché questo tumore killer ha poche cellule neoplastiche e un sacco di altre cellule. Ciò che è stato sviluppato, è stato applicato ad altri tumori, con grandi successi come ad esempio il carcinoma al polmone per il quale oggi abbiamo almeno nove diversi tipi di farmaci efficaci. Sul pancreas non abbiamo ancora questi risultati, quindi c’è bisogno di giovani determinati e di iniziative come questa. È dalla volontà di innovare che è nata la patologia digitale che grazie all’intelligenza artificiale permette di raffinare le diagnosi sempre più accurate per i chirurghi e i clinici”.
Roberto Salvia, direttore Uoc Chirurgia del pancreas: “Il 70/80% dei nostri pazienti vengono da fuori regione. La chirurgia non sempre può intervenire, come è stato purtroppo per Elisa. Il ricercatore che lavorerà in questo ambito ha sicuramente un ruolo anche per noi per selezionare meglio i pazienti da portare in sala operatoria. Dal punto di vista tecnico siamo veramente in grado di fare interventi molto estesi ma al momento disponiamo solo dello strumento radiologico, conoscere la biologia del tumore sarebbe importante anche per il nostro intervento. Anche noi usiamo molto i robot che ci consentono di fare una chirurgia più gentile, meno invasiva sull’anatomia del paziente. Speriamo quindi di essere efficaci da entrambi i punti di vista: essere coraggiosi ma allo stesso tempo gentili con i nostri pazienti”
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