Erano le 16:58 di domenica 19 luglio 1992, quando una Fiat 126, carica di tritolo, esplose a Palermo, in via D’amelio. Era tutto calcolato, poiché quella bomba era destinata al giudice Paolo Borsellino che si stava recando a casa della madre, proprio in via D’amelio. Sono passati 30 anni da quell’attentato che coinvolse anche gli uomini della scorta Agostino Catalano, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina, Emanuela Loi e Vincenzo Li Muli.
Mattarella: «Processi disvelino le responsabilità dell’attentato»
«Paolo Borsellino, come Giovanni Falcone e altri magistrati, fu ucciso dalla mafia perché, con professionalità, rigore e determinazione, le aveva inferto un colpo durissimo, disvelandone la struttura organizzativa e l’attività criminale. La mafia li temeva perché avevano dimostrato che non era imbattibile e che la Repubblica era in grado di sconfiggerla con la forza del diritto. Nel trentesimo anniversario del terribile attentato di via D’Amelio, desidero rendere omaggio alla sua memoria e a quella degli agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, che con lui persero la vita a causa del loro impegno in difesa della legalità delle istituzioni democratiche». Lo ha dichiarato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del trentesimo anniversario della Strage di via D’Amelio.
«Paolo Borsellino – prosegue il capo dello Stato – aveva ferma convinzione che il contrasto alla mafia si realizzasse efficacemente non solo attraverso la repressione penale, ma soprattutto grazie a un radicale cambiamento culturale, a un impegno di rigenerazione civile, a cominciare dalla scuola e dalla società. Preservarne la memoria vuol dire rinnovare questo impegno nel tenace perseguimento del valore della legge, del diniego nei confronti del compromesso, dell’acquiescenza e dell’indifferenza che aprono la strada alla sopraffazione. Il suo ricordo impone di guardare alla realtà con spirito di verità, dal quale l’intera comunità non può prescindere. Quell’anelito di verità che è indispensabile nelle aule di giustizia affinché i processi ancora in corso disvelino appieno le responsabilità di quel crudele attentato e degli oscuri tentativi di deviare le indagini, consentendo così al Paese di fare luce sul proprio passato e poter progredire nel presente. Con questo spirito e nell’indelebile ricordo di Paolo Borsellino, rinnovo ai suoi figli e ai familiari degli agenti caduti, i sentimenti di gratitudine e di vicinanza dell’intero Paese».
Casellati: «Ha rivoluzionato lotta alla mafia»
«30 anni fa l’Italia perdeva uno dei suoi servitori più fedeli, simbolo d’integrità e impegno civile. Paolo Borsellino ha rivoluzionato la lotta alla mafia, ne ha decifrato le trame più oscure e ha indicato come sconfiggerla: un movimento culturale che coinvolga l’intero Paese». Lo ha scritto in un tweet la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.
Occhiuto: «Lotta alle mafie viva anche grazie a suo sacrificio»
«Oggi ricordiamo Paolo Borsellino e i 5 agenti della sua scorta, barbaramente uccisi il 19 luglio 1992. A 30 anni dalla strage di Via D’Amelio la lotta contro tutte le mafie è viva e reale, anche grazie al sacrificio di questi servitori dello Stato. Il Paese rende omaggio ai suoi eroi». Lo scrive su Twitter Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria.
Fiorita: «Trasmettere i valori della legalità e della giustizia»
«Trent’anni dalla strage di via d’Amelio a Palermo. Trent’anni dal martirio di Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina, Emanuela Loi e Vincenzo Li Muli. Trent’anni dal secondo capitolo, dopo Capaci, di una storia tragica e carica di angoscia che non dobbiamo e non possiamo dimenticare». Lo ha dichiarato il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita. «Saremo (oggi n.d.r.) al campetto di località Pistoia per l’adempimento di un dovere che per noi non è una formalità. Saremo in un quartiere simbolo, che ha bisogno di attenzione e cura. Ci saremo per confermare l’impegno a essere interlocutore costante di tutti coloro – forze dell’ordine, associazioni, volontariato – che da troppo tempo chiedono politiche di inclusione, di sostegno, di contrasto al disagio sociale. Perché l’azione repressiva da sola non può bastare a sradicare la devianza. Personalmente avverto fortissima questa responsabilità di costruire risposte concrete. La avverto oggi come sindaco, ma conservando in me il ricordo indelebile di quella stagione di sangue, quando studente ormai prossimo alla laurea scelsi, anche in virtù di quei fatti tragici, quale sarebbe stato il mio futuro professionale e come tanti altri giovani di quell’epoca capii l’importanza di tenere vivi e trasmettere i valori della legalità e della giustizia ai ragazzi e alle ragazze che non avrebbero visto con i loro occhi quanto stava accadendo. Non c’è futuro che non sia possibile e migliore, se coltiviamo memoria per farne speranza. Lo dobbiamo alla nostra comunità e in questo nostro impegno onoriamo la memoria per chi è morto per un futuro possibile e migliore».
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