Avviati già in primavera, ci avviciniamo ai primi di maggio, dove la natura, la fioritura ci regala il meglio di se stessa, tra colori svariati e intensi profumi che ci rilassano e ci allietano,nelle consuete passeggiate nelle campagne e colline di Calabria. Quasi maggio, ci avviciniamo oramai agli inizi del mese di maju, in questo periodo , è usanza antica fare il pane in casa o produrlo nei forni a legna casarecci, fare un pane speciale , con un fiore dal profumo intenso e piacevole , il fiore dei sambuco. Diciamo che questa usanza antica, è diffusa a macchia di leopardo nella regione, ma tra le provincie di Reggio e le serre vibonesi, è diffusissima ed immancabile è sul tavolo in questo periodo questo gustoso e delicato pane. Fiore di Sambuco, chiamato anche “u pipi e maju”, in antichità veniva indicata come una pianta magica , per le sue reali proprietà curative e nelle superstizioni popolari come una pianta che allontanava energie negative e ottima per curare ogni male. Certo è che, questo fiore contiene un’apprezzabile quantità di triterpeni, flavonoidi e acidi fenolici, piccole quantità di minerali, steroli, mucillagini, pectine, proteine, acido linoleico e oli volatili, che arricchiscono i prodotti e le pietanze nella quale viene impiegato, diffusamente nelle frittelle e nel pane cotto al forno a legna.
I nostri anziani, hanno sempre tramandato queste usanze , carpendo dal territorio ogni prodotto , fiore ed erbe selvatiche che dalle nostre parti crescono spontaneamente, siamo ritornati in una sorta di macchina del tempo , ai ricordi della nonna che quando faceva il pane con farine autoctone , macinate nel mulino del paese , quindi con farine garantite , di sicura provenienza o se meglio vogliamo dirla, di propria produzione, si gustavano degli ottimi prodotti da forno , oltre al pane con il fiore di sambuco , le nostre nonne ci preparavano le piccole curude o ciambelline che venivano consumate anche tiepide con in piccolo e delicato filo d’olio d’oliva. In questo periodo, in questa modernità vedere, forni della zona dello stilaro e delle aree interne delle serre vibonesi , cuocere questo pane e distribuirlo sia nelle piccolissime botteghe di paese(putihe) rimaste o addirittura nei grandi market, è un vero piacere, perché vuol dire che le antiche tradizioni continuano e ci regalano non solo la bontà di gusto che gli stessi a tavola donano , ma ci regalano dei piacevoli ricordi di adolescenza ,di altri tempi , dove ne la globalizzazione e ne la triste regola del mercato esistevano e dove la nostra alimentazione era di gran lunga sana , visto che si consumava solo la farina del grano prodotto nelle proprie terre ed i prodotti venivano controllati solo dal contadino che non usava pesticidi, roba chimica o concimi , per accellerare le raccolte o per migliorare i prodotti della terra che veniva onorata da una comunità di gente , che arricchiva una civiltà , quella civiltà chiamata contadina.
Gianpiero Taverniti
https://youtu.be/N6EwbePtPBI