La cosiddetta ‘ndrangheta silente del Nord-Ovest subisce un altro brutto colpo: il sostituto procuratore generale della Cassazione Gabriele Mazzotta ha infatti chiesto, ai giudici della Sesta sezione penale della Suprema Corte presieduti da Franco Ippolito, la sostanziale conferma del verdetto con il quale la Corte di Appello di Torino, il 28 maggio 2015, aveva aumentato da 36 a 45 il numero degli imputati condannati nel processo ‘Minotauro’ svoltosi con rito ordinario per le infiltrazioni mafiose in alcuni comuni del torinese. Il 23 febbraio dello scorso anno, la Seconda sezione penale della Cassazione aveva confermato le 47 condanne degli imputati che avevano scelto il rito abbreviato. L’operazione ‘Minotauro’ risale all’otto giugno del 2011 quando venne scoperchiata la presenza delle ‘ndrine calabresi che facevano business, soprattutto nell’edilizia, e affiliati nelle ‘locali’ del torinese con estensioni all’interno delle pubbliche amministrazioni. Il verdetto è atteso per domani. In giudizio si sono costituite, come parti civili anche in Cassazione, la Provincia di Torino, i comuni di Violpiano, Leini, Chivasso e Moncalieri, e l’associazione ‘Libera’ di don Ciotti, rappresentata dall’avvocato Vincenza Randi. Nella sua requisitoria, il Pg Mazzotta ha dimostrato di condividere la maggior parte delle decisioni dell’ appello e ha accolto parzialmente solo qualche richiesta, dei difensori di alcuni imputati, di annullamento con rinvio di alcune condanne per riascoltare in dibattimento le accuse dei ‘pentiti’ che erano state ritenute decisive dai magistrati di secondo grado per annullare certi proscioglimenti del primo grado. Questa richiesta del Pg, è in linea con una recente indicazione delle Sezioni Unite della Cassazione che, lo scorso 28 aprile, hanno stabilito che in caso di ‘riformatio in peius’ del verdetto di primo grado, a seguito di appello del pm, si devono riascoltare in aula i testi dell’accusa che sono stati ritenuti decisivi per ribaltare l’assoluzione. In base alle indicazioni delle Sezioni Unite, “il giudice di appello, qualora ritenga di riformare nel senso dell’affermazione di responsabilità dell’imputato la sentenza di proscioglimento di primo grado, sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva dal primo giudice, deve disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che hanno reso le relative dichiarazioni”. Per quanto riguarda l’appello del Pg di Torino contro 17 assoluzioni (imputati Camarda, Catalano, Ciano, Commisso, Fazari, Giglio, Ierardi, Mangone, Marando, Napoli, Nigro, Occhiuto, Turra, Ursino e Versaci), il Pg Mazzotta non ne ha chiesto l’accoglimento ritenendo motivati i proscioglimenti. Per velocizzare i tempi di discussione, il Presidente Ippolito aveva fatto inviare ai difensori dei 45 imputati e delle parti civili la requisitoria scritta del Pg e anche la relazione del consigliere Massimo Ricciarelli. Oggi in aula il Pg ha così avuto modo di essere sintetico pur salvaguardando il principio dell’oralità del dibattimento.

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