«Il 15 ottobre io, mia moglie e i miei figli, abbiamo ricevuto la notifica dell’avvio del procedimento amministrativo finalizzato a sospendere le misure tutorie nei nostri confronti. Le modalità comunicative e il contenuto della missiva hanno rivelato una lampante non curanza di ciò che abbiamo vissuto e continuiamo a vivere in seguito alle mie denunce. Non conosciamo le motivazioni di tale decisione, al contrario ci è stato chiesto di fornire eventuali documenti o notizie in nostro possesso che possano permettere una rivalutazione del provvedimento”. A renderlo noto è Pino Masciari uno dei primi testimoni di giustizia, ex imprenditore calabrese che da tempo vive sotto protezione.
«Ho denunciato intaccando il sistema ‘ndranghetistico, colpendo le famiglie considerate tra le più potenti delle province calabresi (Arena di Isola Capo-Rizzuto (KR), Trapasso – Scerbo di San Leonardo di Cutro e Cutro (KR), i Cossari di Borgia (CZ), i Sia di Soverato (CZ), i Procopio di Davoli (CZ), i Lentini di San Sostene (CZ), i Mazzaferro di Gioiosa Ionica (RC), i Codispoti di S. Andrea Apostolo dello Ionio (CZ), i Procopio di Satriano (CZ), i Vallelonga – Franzè di Caulonia-Mammola (RC), i Pisano di Mongiana (VV), i Vallelunga detti “Viperari” di Contrada Ninfo-Serra San Bruno (VV), ecc.) ed ho portato alla luce numerosi esempi di collusione con la pubblica amministrazione, permettendo anche la condanna per concussione di un alto magistrato, consigliere di Stato – ricorda Masciari -. Le valutazioni sulla pericolosità della ‘ndrangheta, di queste famiglie in particolare, sono di competenza delle istituzioni e le recenti relazioni della Dia e le operazioni condotte dalle varie Dda (l’ultima del 18 ottobre ha colpito ancora una volta la famiglia Arena), descrivono un panorama chiaro e tutt’altro che rassicurante».
«Le mie denunce sono attuali. Il pericolo è concreto – prosegue -. L’egemonia di questi clan ‘ndranghetisti e la mia esposizione a possibili ritorsioni è chiara e non è ammissibile che venga sottovalutata o addirittura ignorata. Alla luce di quanto detto ribadisco ancora e pubblicamente che non può in alcun modo essere messo in dubbio il mio diritto, e quello dei miei familiari, di continuare ad usufruire della scorta: è per noi una concreta necessità dovuta al rischio che viviamo incessantemente a causa dell’ oggettivo, palese e ostentato potere che tutt’oggi detengono le cosche e il sistema da me denunciati. Voglio credere e sperare che, consapevole di tutto ciò, lo Stato non ci volti le spalle e tenga conto che il valore della mia scelta e il pericolo al quale mi ha esposto, non sono mai venuti meno e sono ancora concreti e attuali. Non sarebbe accettabile dopo eventi irrimediabili sentirsi dire che si è fatto un errore di valutazione, perché il rischio c’è ed è sotto gli occhi di tutti: io ne ho ribadito la concretezza più volte, in tutte le sedi opportune!”, conclude.
(ANSA)