Aristide Bava
SIDERNO – È innegabile che il turismo potrebbe essere l’unica vera grande industria della Locride. Un turismo diversificato, che al mare affianca la montagna a poco meno di un quarto d’ora in auto, numerosi borghi antichi dal grande potenziale storico-culturale e infine i giacimenti archeologici, che da sempre costituisce per molte zone del nostro Paese una “fabbrica” per produrre economia. È’ doveroso quindi chiedersi perché questo settore non funziona, o quantomeno funziona a singhiozzo.
E parliamo di siti di straordinario interesse. Ci sono due musei archeologici, a Locri e Monasterace che contengono reperti di indubbia importanza storica, come le loro appendici, a Palazzo Nieddu di Locri e soprattutto sulla spiaggia di Monasterace, l’insediamento dell’antica Kaulon con lo straordinario pavimento musivo del draghi e dei delfini, per buona parte dell’anno interrato per preservarlo dai vandali e dalle intemperie. Possiamo parlare delle tante vestigia del passato sparse in molti angoli del territorio, dalla Villa Romana di Casignana al Naniglio di Gioiosa Jonica. E poi c’è il Musaba di Mammola, il museo a cielo aperto fondato dal compianto Nik Spatari che ha meritatamente richiamato l’attenzione della critica internazionale. E poi tanti siti di notevole pregio sparpagliati nei vari borghi antichi.
Un patrimonio di grande potenziale attrattivo che però non si riesce a sfruttare a dovere, non messo in grado quindi di assolvere a quello che dovrebbe essere la sua vocazione, ovvero richiamare flussi continui di turisti in vari periodi dell’anno.
Per contrasto con queste grandi potenzialità, vengono in mente taluni cartelli turistici sparpagliati nel nostro grande Paese: segnalano spesso piccole cose, intorno alle quali si è riusciti a costruire fonti di attrazione anche di notevole portata. E spesso, in taluni casi, la delusione per il visitatore è enorme.
Nella Locride invece c’è, realmente, di tutto e di più, e lo spettatore ignaro resta davvero a bocca aperta, trovandosi a “scoprire” magari per puro caso, la Villa Romana di contrada Palazzi di Casignana. Un archeosito spesso paragonato nientemeno che alla Villa del Casale di Piazza Armerina ma mai divenuto dopo tanti anni dalla scoperta fonte di grande attrazione capace da solo di richiamare il grande pubblico. Perché? E perché il Naniglio di Gioiosa Jonica continua a rimanere un sito trascurato e ignoto ai più? E perché i due musei più importanti, quello di Locri e quello di Monasterace, non registrano annualmente afflussi che, con i loro indotti, potrebbero aiutare seriamente l’economia del territorio?
Probabilmente – è bene chiarirlo – non siamo all’anno zero perché negli ultimi cinquant’anni di passi in avanti ne sono stati fatti. Ciò, però, grazie all’impegno dei singoli, e nello scarso interesse delle istituzioni che, invece, potrebbero – e dovrebbero – puntare veramente su questo grande patrimonio archeologico facendo in modo che siano proprio questi siti i grandi attrattori per visitatori alla ricerca di nuove scoperte. Flussi turistici potenzialmente notevoli, che aspettano solo di essere opportunamente stimolati a venire nella Locride.
Da qui la necessità che gli sforzi degli organismi competenti, e in primis della Regione, dovrebbero essere indirizzati proprio a costruire le premesse perché ciò avvenga. Non certo con iniziative sporadiche che spesso lasciano il tempo che trovano, ma piuttosto lavorando alla promozione di adeguati percorsi archeoturistici che, accomunati a tante altre potenzialità del territorio, possano riuscire a stimolare l’interesse degli operatori.
In questo il territorio è favorito anche dal fatto che la Locride, a parte i suoi siti archeologici, non solo è una terra di straordinaria bellezza che presenta invidiabili panorami, favoriti dalla sua disomogeneità territoriale e ambientale, ma è anche zona di indiscutibile ospitalità cosa che, unitamente alla sua ricca enogastronomia, costituisce un grosso punto di forza per accrescere ulteriormente le possibilità di sfruttare questo grande patrimonio.
nella foto gli scavi di Monasterace