Sono serviti quasi nove anni e due processi per definire il procedimento nato dall’inchiesta denominata “Re Artù” e, in entrambi, tutti gli imputati sono stati assolti.

L’operazione era stata coordinata dalla Dda di Reggio Calabria che contestava, nel primo processo definito nel gennaio 2018, i reati di truffa, falsificazione, associazione a delinquere. In quello definito ieri solo il riciclaggio. I fatti oggetto del processo si riferivano al tentativo di tutti gli imputati di monetizzare un certificato di credito per il valore di 870 milioni di dollari, emesso dal Credit Suisse in favore del presidente indonesiano Sukarno e poi finito indirettamente nella loro disponibilità.

Il processo – ricostruisce la Gazzetta del Sud in edicola – da Reggio Calabria era stato trasferito a Bologna per competenza territoriale e lì, appunto, il procedimento si è diviso e in entrambi gli imputati sono stati assolti.

I calabresi assolti in maniera definitiva sono Vincenzo Andronaco di Oppido Mamertina, Rocco Arena di Taurianova, Vincenzo Dattilo di Lamezia Terme, Rocco Filippone e suo figlio Francesco di Melicucco, Michele Fidale di Polistena, Antonino Galasso di Cittanova, Francesco Grupisco di Gioiosa Ionica, Antonino Napoli di Polistena, Vincenzo Alessio Rovitti di Cassano allo Ionio, Carmelo e Giuseppe Sposato di Taurianova, Antonio Surace di Polistena, Rocco Ursino di Locri. Tra gli imputati anche il siciliano Antonino Drago di Valledolmo, in provincia di Palermo.

Tra gli assolti di ieri figura Rocco Filippone, imputato nel processo “Ndrangheta stragista” davanti al Tribunale di Reggio Calabria, e i fratelli Sposato, finiti in carcere nell’operazione della Dda denominata “Terramara”.