Ho appreso stamane del suicidio di un adolescente nel mio paese natio, Taurianova. Ricordo, sin dall’infanzia la mamma, donna umile e sempre molto gentile. Non entro nel merito dell’insano gesto, perché non ho elementi che mi consentano di trarre alcuna spiegazione, ma qualunque essa sia ci troviamo al cospetto di un fenomeno più complesso e diffuso di quanto non ci si immagini. Una recente metanalisi pubblicata su Psychological Bullettin ha elencato ben 50 distinti fattori di rischio che potrebbero determinare la scelta, tra i quali “l’isolamento sociale, dipendenze, la difficoltà di comunicazione, abusi durante l’infanzia, gravi malattie croniche, tendenze aggressive, detenzione, eventi molto stressanti”. É un errore pensare che i giovani suicidi abbiano tutti dei disturbi psicologici. Anzi, chi lavora con adolescenti con condotte suicide precisa che il suicidio in adolescenza non è questione di psicopatologia.
Il problema del suicidio in adolescenza può essere interconnesso al processo di costruzione del senso di sé, della propria consistenza come essere sociale in rapporto ad una definizione di se stessi e delle proprie scelte autonome ed indipendenti e alle prime delusioni sentimentali ed identitarie che espongono i soggetti ad intense percezioni di sottovalutazione, tecnicamente individuate come “vulnerabilità narcisistiche”.
In termini di ricadute statistiche, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, a livello mondiale, i suicidi si collocano al secondo posto tra le cause di morte nella fascia d’età 15-29 anni. Seconda causa di morte anche per i giovani italiani dai 15 ai 24 anni. Sui 4.000 suicidi l’anno registrati in Italia – dati ISTAT – oltre il 5% è compiuto da ragazzi sotto i 24 anni.
Alle cause indicate dagli studi specialistici occorre oggi aggiungere le conseguenze del Covid. “Da ottobre ad oggi – hanno fatto sapere dal reparto di neuropsichiatria infantile dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma – dopo la prima ondata Covid, abbiamo registrato un aumento dei ricoveri del 30% circa. Fino ad ottobre avevamo il 70% dei posti letto occupati (8 in tutto), oggi il 100%. Nel 2011 abbiamo avuto 12 ricoveri per attività autolesionistica a scopo suicidario e non, mentre nel 2020 oltre 300, quindi quasi uno al giorno”.
Oltre gli aspetti specialistici, cosa possiamo fare per scongiurare il fenomeno? Come adulti di riferimento – genitori, educatori, o altre figure di riferimento – dovremmo ragionare insieme a loro sul futuro, condividendone le aspirazioni e contribuendo a ridurre i sentimenti di insicurezza, angoscia o speranza che la fase indubbiamente comporta. E’ molto importante che gli adulti non accampino aspettative fomentando preconcetti nell’adolescente o si immagino per lui un futuro gratificante più per loro che per le legittime attese dei soggetti interessati. Dovremmo seguirli e non precederli nelle scelte, senza mai sottovalutare i loro pensieri.
Non v’è dubbio, infine, che nella contemporaneità anche i media – soprattutto i social – contribuiscano a incoraggiare l’emulazione di tendenze estreme fino alla morte. E su questo punto, giacché la risposta in termini di contenimento da parte delle istituzioni è flebile fino a quasi rasentarne l’inesistenza, siano i genitori a controllare i flussi dei figli. Lo pretendano, senza immaginare di incorrere in violazioni di privacy. Meglio una prevenzione eccessiva piuttosto che arrivare quando ormai e troppo tardi.
É chiaro che ogni episodio fa storia a se, che gli elementi descritti riguardano l’ampio spettro di determinazioni sperimentate scientificamente e non si riferiscono all’episodio di Taurianova, ma è altresì chiaro che l’uomo è riuscito ad approdare sulla luna senza però capire nulla, ma assolutamente nulla, del cervello.
Alla famiglia del ragazzo le mia vicinanza più affettuosa.
Antonio Marziale
Presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, sociologo, giornalista