Il 54enne sidernese, ex campione del mondo, è tornato nella sua terra per un’occasione speciale e per presentare il suo libro nelle scuole. “I risultati dell’atletica italiana sono sotto gli occhi di tutti, qualcuno dovrebbe farsi da parte se ama questo sport”. “Ai ragazzi di oggi manca la fame? Non è vero, la colpa è nostra, non riusciamo a trascinarli”.
Scorrendo l’album dei ricordi di casa Panetta, ce ne sarebbero decine di foto memorabili da poter mostrare alle nuove generazioni per far conoscere il mito del “ragazzo di Calabria”. Dalla più importante di tutte, ovvero la vittoria ai campionati del mondo di Roma ’87 sui 3000 siepi – con tanto di record nazionale ancora intonso – al trionfo agli Europei di Spalato ’90, passando per lo storico sostegno offerto nel corso di una kermesse prestigiosa al compagno di Naizonale, Lambruschini, caduto dopo pochi metri e poi vincitore della gara.
Tuttavia, Francesco Panetta da Siderno, se potesse azionare la macchina del tempo, non rivivrebbe nessuno di quei momenti. “Sono periodi magnifici, s’intende, ma desidererei essere proiettato su campo di allenamento. Lì ho costruito i risultati. E’ quello che manca, non il sapore del successo – così come non mi va di sottolineare il gesto nei confronti del compagno di Nazionale: si è tratto di qualcosa di naturale, che dovrebbe accadere sistematicamente, invece è stato fatto passare come un atto eroico”. E’ fatto così il campione calabrese. Prendere o lasciare.
Non le manda certo a dire e ne ha pure per la Federazione, anche se con garbo. “Faccio fatica a parlare dello stato attuale dell’atletica. Dico solo che i risultati sono sotto gli occhi di tutti – prosegue l’ex campione – e c’è qualcosa che potrebbe funzionare meglio. Proprio per questo motivo bisognerebbe invertire rotta, ma non sono certo io a stabilire come, pur sapendo come farlo.
Ripeto, i risultato sono emblematici, purtroppo. Se si ama questo sport si può fare la differenza anche facendosi da parte o, almeno, cercando di impegnarsi per cambiare l’andazzo”.Una filosofia di vita che Panetta ha sintetizzato nel libro dal titolo “Io corro da solo”, presentato ieri pomeriggio a margine del decennale del Cosenza K42. “L’obiettivo finale della mia carriera non è mai stata la vittoria finale o i risultato della gara – sottolinea l’ex campione – perché correre significa qualcosa di totalmente diverso. I risultati arrivano a margine di un lavoro effettuato e non sono fine a se stessi. Il successo non è ci che conta realmente”.
Toccare picchi molto alti, come quelli di Panetta e Baldini, tanto per restare nei confini dell’evento organizzato ieri dalla Cosenza K42 in occasione del decennale della nascita, non è semplice nemmeno i superpoteri. “Gli atleti sono persone assolutamente normali – sostiene Panetta – che amano stare in mezzo alle persone. L’unica differenza è che hanno la fortuna di poter vivere a stretto contatto con la propria passione, ogni istante. Il termine lavoro è improprio se accostato agli sportivi”.
I ragazzi di oggi riescono a esprimersi a fatica, soprattutto se paragonati ai mostri sacri del passato. Mancanza di “fame” ? Generazioni senza stimoli ? Nient’affatto. Panetta non usa mezzi termini: “E’ un ritornello stucchevole. Non è così. Cominciamo a porci degli interrogativi non addetti ai lavori. Se le società faticano è perché noi responsabili non riusciamo a coinvolgere i ragazzi, non siamo in grado a trascinarli”.
Finalino dedicato alla Calabria. Alla sua Calabria. Grazie all’invito di Maurizio Leone e della Cosenza K42, Panetta ha avuto l’opportunità di tornare a casa. Ieri mattina, prima di tuffarsi nella giornata cosentina, l’ ex campione di Siderno ha indossato a divisa da running. “Non accadeva da anni – precisa – ma una corsetta di questo tipo non si può certo definire un evento sportivo. Quanto alla mia terra, l’ho ritrovata esattamente uguale. Non so se si tratti di un bene o di un male. Sta di fatto che per me resta sempre un luogo familiare”. Da suo Sud, il ragazzo con le ali ai pedi ha iniziato a scrivere una storia indelebile. Così come lo è il suo record di 8’08” e 57 sui 3000 siepi.
(fonte gazzetta del sud)
Questa la prefazione del libro: «Molti libri sono stati scritti intorno all’atletica e alla corsa e soprattutto al mondo della corsa lunga. Lo faccio anch’io, evitando però di dare consigli a chi ama la disciplina. Ho realizzato questa pubblicazione con un’impronta diversa. Racconto delle mie esperienze, iniziando da quando ragazzino correvo con i miei amici in Calabria: il primo paio di scarpe da “tennis”, la prima corsa, l’arrivo a Milano. In queste 150 pagine non ci sono né tempi, né allenamenti, ma storie: la Pro Patria, i sogni, le mie opinioni sull’atletica e, nel trentesimo anniversario del mio successo Mondiale nelle siepi a Roma, un lungo capitolo dedicato a quella che è stata la mia grande impresa, senza tralasciare l’Europeo vinto tre anni dopo a Spalato nella stessa distanza».