Un imprenditore di origine calabrese, da tempo residente a Bologna, ed un’altra persona di origine campana e ritenuta contigua alla Camorra, sono state arrestate e sono finite direttamente in carcere essendo indagate, insieme ad altre quattordici persone, di una serie di reati, alcuni dei quali aggravati dal metodo mafioso.
La Procura felsinea, nella fattispecie il Gip Domenico Truppa – che ha firmato le relative misure cautelari – contesta infatti il riciclaggio, il reimpiego di proventi illeciti, l’usura, le estorsioni, così come la malversazione di erogazioni pubbliche, il trasferimento fraudolento di valori, reati in materia di stupefacenti, l’inosservanza della normativa antiriciclaggio, finanche lo sfruttamento della prostituzione e il tentato sequestro di persona.
Il blitz, condotto dai finanzieri di Bologna, insieme allo Scico, con il supporto operativo dei colleghi di Venezia, Brescia, Roma, Napoli e Catanzaro, e la cooperazione di Eurojust e dell’Unità I-Can, hanno eseguito i provvedimenti tra il capoluogo emiliano e le province di Padova, Mantova, Latina, Napoli e Crotone.
Secondo le indagini – dirette dal Flavio Lazzarini della Direzione Distrettuale Antimafia bolognese, con il coordinamento della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo – fanno ritenere di aver ricostruito come un imprenditore calabrese di 39 anni, potendo beneficiare su “un coacervo di intrecci relazionali”, abbia ricevuto nel tempo dei finanziamenti, considerati “anomali”, da parte di pluripregiudicati ritenuti vicini a clan criminali della Camorra campana e della ‘ndrangheta calabrese.
I “prestiti” – a volte elargiti in contanti, altre con operazioni finanziarie tracciabili a fronte di artifizi negoziali – sarebbero stati poi reimpiegati nell’acquisizione di società così come nell’acquisto di immobili e auto di lusso.
Il Gico ipotizza che il denaro venisse poi ripulito e restituito anche grazie al coinvolgimento di imprenditori locali con l’emissione di fatture relative però a operazioni ritenute inesistenti.
Gli investigatori sostengono ancora di aver ricostruito la posizione patrimoniale dell’imprenditore calabrese, che si rivelerebbe però sproporzionata rispetto alle fonti di reddito dichiarate, e per questo è scattato il sequestro finalizzato alla confisca cosiddetta “allargata” di quote sociali, compendi aziendali, immobili e altre utilità, per un valore complessivo di circa due milioni di euro.
Tra i beni cautelati vi sono anche alcune società che gestiscono dei rinomati locali del centro storico di Bologna, attivi nella ristorazione e nell’intrattenimento.
Sono in corso inoltre diverse perquisizioni tra l’Italia e la Germania, con la cooperazione dell’Unità I-Can (l’Interpol Cooperation Against ‘Ndrangheta), il supporto tecnico-operativo dello Scico e l’ausilio di unità cinofile antidroga, in una cornice di sicurezza garantita anche da unità “Anti Terrorismo-Pronto Impiego”, i cosiddetti “baschi verdi”.