SIDERNO – Gli avvocati Crescenzio Santuori e Raffaele Ruocco hanno presentato, per conto degli amministratori comunali di Siderno in carica dal maggio 2015 all’agosto 2018, ricorso in appello al Consiglio di Stato contro la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno, la Prefettura di Reggio Calabria, nonché nei confronti del Comune di Siderno per la riforma e/o l’annullamento della sentenza n° 11396 del 28 settembre 2019 con cui il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso a suo tempo presentato per l’annullamento del Dpr col quale è stato disposto  scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose nel mese di agosto 2018.

L’amministrazione Fuda, dunque, contesta formalmente la sentenza del Tar del Lazio che confermava lo scioglimento del civico consesso nella quale, tra l’altro, era scritto che «Assumono rilievo, ai fini di che trattasi, situazioni non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere – nel loro insieme – plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell’esperienza, l’ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (tra cui, in misura non esaustiva: vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni) e ciò pur quando il valore indiziario degli elementi raccolti non sia sufficiente per l’avvio dell’azione penale o per l’adozione di misure individuali di prevenzione» come questa testata riportò lo scorso 28 settembre, nell’articolo che riproponiamo alla vostra lettura.

Una sentenza che, come si ricorderà, suscitò parecchie perplessità e che ora gli ex amministratori comunali di Siderno contestano, certi di poter dimostrare, documentalmente, l’inconsistenza e l’equivocità delle “forme di ingerenza” ravvisate.

Gli avvocati Santuori e Ruocco invocano anzitutto una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 143 del Testo Unico degli Enti Locali (che prevede lo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose) che a loro avviso violerebbe gli articoli 3, 5, 24, 48, 97, 111 e 113 della Costituzione e l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, visto che non prevede un contraddittorio procedimentale con i destinatari della misura dissolutoria – lo scioglimento, appunto – e sui conseguenti pregiudizi subiti in ottica processuale, sottoponendo al Consiglio di Stato l’opportunità di rimettere alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 143, commi 3 e 4 del Testo Unico sugli Enti Locali.

Una scelta che, ove accolta, sarebbe destinata a fare giurisprudenza, inserendosi nell’attuale dibattito sulla necessità di rivedere la norma che prevede lo scioglimento degli enti per infiltrazioni mafiose senza contraddittorio con la controparte.

La ratio è chiara: gli ex amministratori asseriscono che se fossero stati sentiti prima del decreto di scioglimento avrebbero potuto dimostrare l’inconsistenza delle motivazioni alla base della misura dissolutoria e dei successivi sviluppi, compreso quando il Tar del Lazio «pur dando atto – si legge nel ricorso – dell’impalpabilità di svariate circostanze addotte nei provvedimenti impugnati ha comunque tenuto conto delle stesse nell’ambito di una “valutazione globale”.

Episodi assolutamente neutri hanno infine sostenuto i provvedimenti impugnati, determinando la pronuncia di rigetto poi emessa dal TAR Lazio. Eppure, nel caso in cui fosse stato garantito il contraddittorio procedimentale, l’apporto degli odierni appellanti – prosegue il ricorso – avrebbe senza dubbio contribuito a stralciare tali circostanze».

Successivamente, nel ricorso vengono eccepite le asserite omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione, il travisamento dei fatti, l’illogicità e l’ingiustizia manifesta, evidenziando, tra l’altro, che una serie di circostanze contenute nella relazione della commissione d’accesso agli atti del Comune inviata all’inizio dell’accesso antimafia non sia confluita nella proposta di scioglimento formulata dal Ministero dell’Interno. Una selezione “a monte” delle circostanze che avrebbero determinato lo scioglimento del consiglio comunale che non sarebbe stata compiuta, secondo i ricorrenti, dal TAR, che invece non si sarebbe limitato a considerare la proposta ministeriale di scioglimento ma avrebbe motivato lo stesso con alcuni dei contenuti della relazione della commissione d’indagine, alcuni dei quali non sono confluiti nella proposta ministeriale di scioglimento.

Secondo i ricorrenti, il TAR del Lazio non avrebbe tenuto conto del rispetto delle normative riguardanti la prevenzione della corruzione, la gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, la normativa antimafia, la realizzazione di importanti opere pubbliche, l’informatizzazione degli uffici e il risanamento delle casse comunali dimostrati dall’amministrazione Fuda durante il suo mandato, mostrando altresì di censurare gli atti in cui la stessa amministrazione si sarebbe discostata dal sentiero tracciato dalla precedente Commissione Straordinaria (che amministrò dal 2012 al 2015), “dimenticando” di evidenziare come molte imprese destinatarie degli appalti contestati all’amministrazione Fuda avessero ricevuto analoghi incarichi proprio dai Commissari in carica dal 2012 al 2015.

E’ il caso della RGT Appalti Srl (risultata colpita da interdittiva antimafia nel 2012) che, stando a quanto riportato nel ricorso il data 2 gennaio 2014 era stata affidataria dei lavori di sistemazione di una piazzola di sosta, dall’allora Commissione Straordinaria.

Ma non è l’unico caso.

Ovviamente, nel ricorso si cerca di smontare pezzo per pezzo tutte le circostanze contestate, per ultima, dalla sentenza del Tar del Lazio, ravvisando ancora una volta, come molte richieste di informazioni antimafia sulle ditte aggiudicatarie dei lavori, siano state inviate dalla Prefettura di Reggio Calabria al Comune di Siderno con grande (e determinante) ritardo.

E così, oltre alla vicenda RGT, vengono contestate le conclusioni del TAR del Lazio a proposito del Centro Polifunzionale, del Palasport, della convenzione di gestione dell’acquedotto, del parco giochi sul lungomare, della Sear, del servizio d’illuminazione pubblica, dell’Eco Sud Service e di Eurochimica, sul riscaldamento di scuole, stadio comunale e palazzo municipale, sulla Edilmerici, sulle concessioni demaniali marittime, sulla gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, sull’illuminazione votiva e sull’elenco dei professionisti destinatari di possibili incarichi fiduciari di importo inferiore ai centomila euro, sull’individuazione dell’estensore del Piano Spiaggia, sulla gestione della piscina comunale e dell’annessa palestra, e sui contestati rapporti di parentela e frequentazione degli amministratori con le cosche locali, con particolare riferimento (riguardo questi ultimi) alla posizione dell’ex presidente del consiglio comunale Paolo Fragomeni, verso il quale vengono mossi, si legge nel ricorso «Rilievi privi di pregio giuridico»; idem per gli ex consiglieri Giuseppe Oppedisano, Giuseppe Figliomeni, Vincenzo De Leo, Luigi Guttà, Agostino Baggetta e Vincenzo Meleca. Per tutti loro, nel ricorso si ribadisce l’inesistenza di rapporti di parentela o affinità con esponenti della locale ‘ndrina o con pregiudicati condannati per 416bis.

Sul  presunto appoggio elettorale delle cosche locali, poi, si fa riferimento alla sentenza emessa dalla sezione penale del Tribunale di Locri relativamente al processo denominato “Acero-Krupy” depositata il 15 ottobre 2018, nella quale si legge che «Il Tribunale di Locri, infatti, ha escluso qualsivoglia forma di sostegno elettorale garantito dalla locale cosca di Siderno in favore del Consigliere Figliomeni, accertando come la propaganda effettuata dal Sig. Cosimo Commisso – classe 1969 – fosse, in realtà, motivata da ragioni di parentela e, comunque, in assenza di qualsiasi modalità coercitiva. L’accertato e conclamato venir meno delle ragioni che fondavano l’accusa priva di rilevanza il fatto storico addotto dalle Amministrazioni resistenti: il Sig. Cosimo Commisso “non ha commesso il fatto” e, conseguentemente, il Consigliere Figliomeni non ha mai goduto dell’appoggio della criminalità organizzata».

In conclusione, il ricorso evidenzia che «Le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Siderno si terranno nell’autunno del 2020. Di conseguenza, nel caso in cui non dovesse intervenire “in tempo utile” una pronuncia da parte di Codesto Consiglio di Stato, gli odierni appellanti – ferma la permanenza dell’interesse di carattere morale a ottenere comunque una pronuncia che accerti i fatti per come correttamente verificatisi – subirebbero un pregiudizio grave e irreparabile coincidente con la eventuale sopravvenuta improcedibilità del ricorso in appello.

Per tali ragioni, si richiede l’immediata sospensione dell’esecutività della Sentenza impugnata e dei provvedimenti adottati dalle Amministrazioni resistenti, ovvero la sollecita fissazione del ricorso nel merito – conclude il ricorso – alla prima data utile».

Gianluca Albanese www.lentelocale.it