Maria SS. di Portosalvo Patrona di Siderno
Capolavoro di indiscussa bellezza, circonfuso di grazia soprannaturale, la statua lignea della Patrona deve essere ascritta all’intensa produzione degli statuari partenopei ampiamente documentati sul territorio calabrese. Non conosciamo con esattezza il nome del suo scultore, né la data precisa della realizzazione: fonti imprecisate parlano del suo arrivo a Siderno avvenuto intorno al 1819. Il confronto con il ricco catalogo di sculture napoletane presenti sul territorio diocesano fuga, comunque, ogni ombra di dubbio: l’opera, infatti, è tra le più interessanti, e per il pregio esecutivo e per lo stato di conservazione. La statua, infatti, gode di una perfetta leggibilità tecnica ed estetica grazie ai qualificati interventi di conservazione ai quali è stata sottoposta in tempi piuttosto recenti. Il primo intervento, realizzato nel 1985 dal celebre restauratore greco Dimitri Vakalis, ridiede leggibilità ai colori originali offuscati da due mani posticce di colore, l’ultima delle quali fu apposta da Fortunato Salerno nel 1923 prima dell’Incoronazione dell’effigie. Nel 2002, a seguito della comparsa di reiterati segni di infestazione del supporto da parte di insetti xilofagi e di decoesioni del film pittorico dalla preparazione, si procedeva ad una seconda fase di recupero avviata dalla Dott. Daniela Del Francia che provvedeva, inoltre, ad assicurare la saldezza della struttura lignea con l’inserimento di tre viti autofilettanti a media profondità in modo tale da assicurare la tenuta della statua sulla predella.
Le peculiarità estetiche ed esecutive dell’immagine sono evidenti: la Vergine, ritratta in una posizione di incipiente movimento, è strutturata su uno studio meticoloso del pondus che trova perfetta corrispondenza nella gestualità. Alla gamba destra ritratta corrisponde il braccio sinistro portato all’interno per sostenere il Bambino Gesù; viceversa, alla gamba sinistra protesa in avanti fa pendant il movimento del braccio destro che stende pietosamente il mantello sotto le piccole case ai suoi piedi. L’espressione, cangiante, è talvolta maternamente tenera, sorridente, quasi parlante da un lato, dall’altro severa e mesta, penetrante, persino implorante. Ispira, comunque, un senso di sovrumana bellezza, di grazia arcadica, circonfusa com’è da quell’aura di semplicità, di immediatezza che sembra voler rassicurare, proteggere, accogliere. Il Bambino, intronizzato sul seno, è scolpito con cura e dovizia di particolari che mettono in risalto la tenera anatomia infantile, le delicate, umanissime movenze di una creatura in braccio a sua madre.
La regalità che traspare dall’opera è, dunque, mediata dalla dolcezza esecutiva delle fattezze: l’immagine si presenta, così, ai fedeli nella complessa iconografia di Madre e Regina sotto il cui manto simbolicamente si rifugia la Città in un eterno gesto d’amore e di affidamento filiale.
© Descrizione a cura del Dott. Gianfrancesco Solferino