Chi si aspettava la solita soporifera presentazione di un libro è rimasto deluso. Perché la tappa locridea del tour promozionale di “Ciatuzzu”, l’ultima fatica letteraria di Catena Fiorello, si è trasformata in una piacevolissima e mai banale conversazione con un pubblico di tutte le età. Nella saletta della libreria Mondadori di Siderno la scrittrice non si è risparmiata regalando ai numerosi presenti sorrisi (il dna in fondo è quello) e diversi spunti di riflessione tratti dal racconto edito da Rizzoli, un romanzo commovente sulle sfide della vita e sul potere della memoria.

«Nasce dalla volontà di continuare una storia cominciata con “Picciridda” e che aveva parlato di immigrazione ma dal punto di vista di una bambina che la subisce e quindi rimane ad aspettare nel piccolo paese il ritorno dei genitori – ha spiegato -. Non avevo infatti raccontato invece la storia dei bambini ma degli emigranti che sono andati via lasciando la loro terra e i loro affetti. Ciatuzzu è un bambino di 9 anni che parte per raggiungere il padre il Belgio e racconta cosa è accaduto a quei bambini che si sono ritrovati in una realtà lontana dalla loro con tante incognite da affrontare».

Una storia ambientata in Sicilia, ma che potrebbe essere tranquillamente tutta calabrese. «Sicilia e Calabria sono parenti stretti – ha evidenziato -. Non parlerei di analogie ma di eguali destini, perché sembra quasi il destino di una biologia modificata dell’essere, perché tutti diamo per scontato che a un certo punto della vita andremo via dalla nostra terra per cercare lavoro. E quello che mi sorprende nelle presentazioni al meridione è che questo sia percepito come un dato di fatto: nasci, cresci, studi qui ma a un certo punto devi andare via per quel pezzo di pane, per la dignità del lavoro. Assurdo ma vero».

Al pubblico di lettori sidernesi Catena Fiorello ha anche consegnato un personale aneddoto e ricordo di Maurizio Costanzo. «A metà anni novanta con mio fratello Rosario, che seguivo come autrice, ci trasferimmo da Milano a Roma per preparare “Buona Domenica” – racconta – Il signor Costanzo, che ho sempre chiamato così, mi chiese come mai tutti mi chiamassero Cati e quale fosse il mio vero nome. Con un po’ di vergona risposi Catena, che per lui era stupendo. Da quel momento decisi di farmi chiamare così anche dagli altri».

fonte e foto: Ilario Balì-ilreggino.it