Centocinquantamila euro a testa e pagamento in contante. Sarebbe stata questa la “tariffa” stabilita dal collaboratore di giustizia di Gioia Tauro Arcangelo (Lino) Furfaro (ex affiliato al clan Molè ) il quale avrebbe chiesto denaro cash per ritrattare o meglio «cambiare» le proprie deposizioni nel corso dei processi.
“Tariffa” riferita a una sola persona nel senso che, nel caso in cui le deposizioni da “rivedere” fossero state di più per ognuna chi interessato avrebbe dovuto sborsare la stessa cifra.
A rivelarlo il collaboratore Emanuele Mancuso nel corso di alcune dichiarazioni rese agli inquirenti il 20 giugno del 2018 e il 13 luglio dello stesso anno, finite agli atti della maxi-inchiesta “Scott Rinascita”.
In particolare Emanuele Mancuso – figlio del boss Pantaleone detto l’Ingegnere e primo pentito della potente cosca di Limbadi – inserisce ulteriori elementi dichiarando che il dott. Redi avrebbe anche fatto «da tramite tra la famiglia Mancuso e la sorella del pentito Lino Furfaro».
L’articolo completo nell’edizione odierna di Vibo della Gazzetta del Sud.