A celebrare il rito funebre questa mattina è stato monsignor Francesco Oliva, vescovo della Diocesi di Locri – Gerace. Di seguito riportiamo il testo della sua Omelia:

Questa celebrazione ci unisce tutti nella condivisione della sofferenza di un’intera comunità, la comunità di San Luca. San Luca è una comunità che ha un cuore grande che batte forte di fronte al dolore che colpisce i suoi figli e non smette di amare di fronte alla sofferenza, ritrovando il coraggio di essere unita nella prova e nel dolore. Lo ha sempre dimostrato in tanti momenti della sua storia. In questa triste ora si sente gravemente impoverita. Sono troppi i giovani che vengono meno per incidenti stradali! Sono troppi i giovani costretti a lasciare la propria terra in cerca di lavoro!

Preghiamo e affidiamo alla misericordia del Padre celeste Teresa Giorgi, mamma di due bambini, Elisa Pelle, mamma di una bambina di 7 mesi, Antonella Romeo e Domenico Romeo, tutti giovanissimi e parenti fra loro. Sono le ultime vittime della SS 106, che hanno perso la vita tragicamente proprio nel giorno dell’Epifania. Erano su strada dopo aver compiuto un bel gesto di misericordia, essendo andati a far visita a loro parenti in carcere. Tra le opere di misericordia corporale vi sono: dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i forestieri, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti. Sono gesti di così grande valore, che su di essi saremo giudicati. Lo afferma Gesù, quando dice che ogni volta che diamo da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete, che vestiamo una persona nuda e accogliamo un forestiero, che visitiamo un ammalato o un carcerato, lo facciamo a Lui (cfr Mt 25,31-46). Sono gesti che fanno parte della nostra vita quotidiana, quella che viviamo in casa o lungo la strada. Molto tempo della nostra giornata trascorre su strada, per andare al lavoro, per motivi di svago o per visitare amici e parenti. Lungo la strada spesso viviamo anche l’esperienza del buon samaritano che soccorre chi ha bisogno. Lungo la strada portiamo i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni e spesso la strada diventa il luogo in cui s’infrangono sogni e speranze. È lungo la strada che si è consumata la vita di questi quattro giovani che erano in viaggio non per svago o divertimento, ma per aver scelto di far visita ai loro parenti lontani. Nel giorno dell’epifania del Signore, mentre nelle chiese si celebravano i re magi venuti ad adorare il Signore, sulla strada più nota e frequentata dalle nostre parti, la SS 106, si consumava questa tragedia. Le strade, dopo la casa, sono i luoghi dove si svolge gran parte del nostro tempo. Quando le strade non sono agevoli e sicure, viene meno anche la voglia di investire risorse nei territori, di crearvi lavoro e attività produttive. E le comunità s’impoveriscono sempre più. Le nostre autorità civili sanno quanto questa nostra comunità della Locride soffra questa situazione, che la fa essere una periferia, abitata da cittadini cui non sono riconosciuti gli stessi diritti di altre aree geografiche.

In questo momento di preghiera con fede ci rivolgiamo al Padre di ogni consolazione, per affidare a Lui questi suoi figli, strappati alla vita improvvisamente e prematuramente. Mettiamo nelle sue mani le loro famiglie, i piccoli rimasti senza mamma, i loro genitori e quanti si sentono trafiggere il cuore. Ci rivolgiamo al Signore e gli chiediamo il perché di questa tragedia. Un perché che purtroppo non trova risposta. Non ci resta che il silenzio e il bisogno di continuare a porci questa domanda, di continuare a camminare come i Magi che non si arrestano neppure quando la stella scompare. Siamo certi che prima o poi quella stella tornerà a brillare. È la speranza che non può venir meno. Siamo certi che il Padre che ci ha donato la vita e questa bella terra continua ad amarci e non ci abbandona. Il suo silenzio di fronte alle nostre domande è solo apparente. Dio c’invita ad ascoltare la sua voce, a non lasciarci travolgere dai nostri pensieri, a considerare la vita come un dono tanto prezioso, quanto fragile ed esposto in ogni momento al pericolo. Quando siamo in auto e incombono le distrazioni di vario genere e l’improvvido uso dei social o la stanchezza. La vita è dono, ma anche responsabilità. Non dimentichiamolo mai! Custodire la vita che ci è stata donata come anche quella altrui è un compito che Dio affida a ciascuno di noi.

Di fronte alla morte di Teresa, di Elisa, di Antonella e di Domenico abbiamo bisogno di ritrovare speranza. Come dice il testo del Libro delle Lamentazioni, che abbiamo ascoltato: “Voglio riprendere speranza”. Lo stesso testo ce ne indica le ragioni: “Le misericordie del Signore non sono finite, non è esaurita la sua compassione; esse sono rinnovate ogni mattina, grande è la sua fedeltà. Mia parte è il Signore – io esclamo – per questo in lui voglio sperare… Buono è il Signore con chi spera in lui, con l’anima che lo cerca. È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore» (Lam 3, 21b-24.26).

Mentre diamo voce al dolore che sta dentro di noi, attendiamo che il Signore possa scrivere, nonostante tutto, un futuro per la nostra vita. Egli non manca di parlarci e di mostrarci attraverso gli eventi quotidiani le ragioni della speranza. Una speranza vera verso un orizzonte di vita piena, che sta oltre le fatiche di questo tempo che inesorabilmente passa. Siamo nella notte mentre si intravede l’aurora. Preghiamo con le parole del Salmo responsoriale (Sal 129): “In te spero, Signore: ti attendo come l’aurora”. È una speranza che non viene meno anche quando emergono le nostre povertà, i nostri errori e fallimenti, i nostri peccati. È allora che chiediamo al Signore: “Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere?”. Senza dimenticare che presso di Lui è il perdono. Ripetiamo spesso: “Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi potrà sussistere?”. Tutti abbiamo bisogno del suo perdono, di sentirci dire come al paralitico del Vangelo: “Figlio, ti sono perdonati i peccati”.  “Alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua“. Come dire: alzati, prendi la tua vita com’essa è, bella o brutta che sia, prendila e vai avanti. Non avere paura, alzati e cammina. E’ la speranza che viene dal perdono del Signore, che ti dice: ti sono rimessi i peccati, va e non farli mai più! Col perdono rinasce la speranza e la pace! Non abbiamo pace, se non sappiamo perdonare e chiedere perdono.

Un’ultima parola vorrei dire a voi familiari e amici di Teresa, Elisa, Antonella e Domenico. Vi siamo vicini con la preghiera. Non c’è altro modo per alleviare la vostra sofferenza. Ma non chiudetevi nel vostro dolore. Sappiamo quanto la vita vi ha percosso, ma non smettete di sperare. I vostri cari defunti vi chiedono che il peso della loro morte non tolga in voi la speranza e non faccia morire anche voi anzitempo. Al contrario il loro ricordo deve spingervi ad amare ancora di più, a comprendere le sofferenze e le angosce degli altri e a portarle con loro, a rinnovare la fede in Dio e la speranza nella vita. L’amore vince tutte le separazioni causate dalla morte: la vittoria non è evitare le sofferenze, ma trasformarle in una conoscenza più profonda dell’amore di Dio per noi.

Consola, o Padre, questi nostri fratelli e sorelle, familiari di queste giovani vittime, fa sentire loro la tua carezza. Ripeti loro le parole che un giorno Gesù disse pensando a tutti i sofferenti della storia: “Venite a me, voi tutti che siete afflitti e stanchi, ed io vi ristorerò“!  Ascolta, o Padre, la nostra voce ed asciuga le lacrime di quanti sono nella tristezza! Amen!