E’ una scoperta che “riscriverà la storia”.

Così è stato annunciato dall’archeologo Jacopo Tabolli dopo il ritrovamento di oltre 24 statue di bronzo di raffinata fattura. Tutte integre, in perfetto stato, tenute protette per 2300 anni dal fango e dall’acqua bollente contenute nelle vasche di San Casciano de’ Bagni, in provincia di Siena.

Per Massimo Osanna, direttore generale dei Musei di Stato, si tratta della scoperta più importante dai bronzi di Riace.

Divinità, matrone, fanciulle, imperatori: un deposito votivo mai visto che già dallo scorso anno era iniziato a spuntare fuori; tesori di inestimabile valore storico e culturale.

Migliaia le monete ed ex voto, quasi trenta le statue di cui cinque alte quasi un metro e su cui sono già al lavoro oltre 60 esperti di tutto il mondo. Scoperte anche offerte di natura vegetale.

Un tesoro “assolutamente unico”, ha sottolineato il docente dell’Università di Siena, che si accompagna ad una incredibile quantità di iscrizioni in etrusco e in latino e al quale si aggiungono migliaia di monete.

Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha già visitato il laboratorio di restauro che ha appena accolto le statue: “Un ritrovamento eccezionale che ci conferma una volta di più che l’Italia è un Paese fatto di tesori immensi e unici. La stratificazione di diverse civiltà è un unicum della cultura italiana”, ha aggiunto.

Innovativo anche il metodo di scavo che ha coinvolto esperti di diverse discipline, dagli architetti ai geologi, dagli archeo botanici agli esperti di numismatica e epigrafia.

Il santuario ritrovato, con le sue piscine ribollenti, le terrazze digradanti, le fontane, gli altari, esisteva almeno dal II secolo a.C. e rimase attivo fino al V secolo d.C., ha raccontato Tabolli: in epoca cristiana venne chiuso, ma non distrutto, le vasche sigillate con pesanti colonne di pietra, le divinità affidate con rispetto all’acqua. Si tratta del “più grande deposito di statue dell’Italia antica e comunque l’unico di cui abbiamo la possibilità di ricostruire interamente il contesto”.

Da una prima analisi le statue arrivano dalle grandi famiglie del territorio e non solo, esponenti delle élites del mondo etrusco e poi romano, proprietari terrieri, signorotti locali, classi agiate di Roma e addirittura imperatori.

Si tratta di una zona dove la lingua etrusca è riuscita a sopravvivere molto più a lungo rispetto alle date canoniche della storia, così come le conoscenze etrusche in fatto di medicina sembrano essere riconosciute e accettate come tali anche in epoca romana.

Gli scavi, con il freddo di novembre, si fermeranno e riprenderanno in primavera mentre l’inverno sarà dedicato al restauro e allo studio.

“Tutto questo andrà valorizzato, armonizzato e potrà rappresentare un ulteriore occasione per la crescita spirituale della nostra cultura, ma anche dell’industria culturale del nostro Paese. Davvero complimenti a chi ha creduto in questi progetti, a chi ha riportato questi reperti conservati così bene e che testimoniano – mi dicono gli esperti – un’epoca importante di transizione dal mondo etrusco a quello romano. Panta rei, tutto scorre: il divenire della nostra cultura”, ha aggiunto il ministro Sangiuliano.

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foto ansa