“Ritiene questo giudice che ampie ed approfondite siano state le investigazioni svolte e che all’esito di queste non emergano profili, nemmeno indiziari, connotati da gravità, serietà e concretezza, di sussistenza dei danneggiamenti con finalità estorsiva mafiosa contestati a carico degli indagati.” È quanto scrive il gip distrettuale Caterina Catalano nell’ordinanza di archiviazione del procedimento penale a carico di otto indagati, residenti tra Africo e Samo, per i reati di invasione di terreni, danneggiamento, tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso ed altro. Si tratta di un procedimento scaturito dalle denunce presentate, nel corso degli anni, dal titolare di un’azienda agricola per segnalare reiterati episodi di danneggiamento, furto e pascolo abusivo, ad opera di animali allo stato brado, le “vacche sacre”, nei terreni della sua azienda. Alcune delle denunce presentate, iscritte contro ignoti, sono state archiviate dalla procura. Sul rilievo che i danneggiamenti si sarebbero dovuti ricondurre al tentativo della ‘ndrangheta dominante sul territorio – i Palamara di Africo- per indurre il titolare a vendere i terreni, circostanza messa in correlazione anche con un delitto, la Dda reggina ha avviato due distinti procedimenti, poi riuniti davanti alla giudice Catalano. La procura reggina ha chiesto l’archiviazione del procedimento, richiesta a cui si sono associati i legali degli indagati, tra i quali gli avvocati Zappia, Errigo, Iacopino, Belvedere e Zagarella. La richiesta è stata accolta dal gip che, nell’ordinanza evidenzia: “Le attività compiute non hanno consentito di riaprire le indagini sull’omicidio”, ed “è rimasta priva di riscontro l’esistenza di un disegno estorsivo unitario” ai danni della famiglia del titolare dell’azienda agricola. “Dagli atti, inoltre, emergono dubbi sulla stessa genuinità delle denunce” su cui “sorge un sospetto di strumentalità.”