R. e P.

Le riflessioni espresse durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario sono tutte condivisibili, ma bisogna fare di più. Ha ragione il PG di Reggio Calabria, dottor Gerardo Dominijanni, che le imprese non possono fallire dopo i sequestri o le confische.

<<La Calabria è terra difficile dove convivono molteplici famiglie di ‘ndrangheta che si sono divise i territori per meglio gestire i traffici e il controllo diretto. Dopo una feroce guerra di mafia, in occasione di grandi opere, è stata raggiunta una pax tra i capi storici di ‘ndrangheta, stabilendo il riconoscimento alle famiglie locali una percentuale dell’affare allorquando un gruppo opera in altro territorio.Con tale stratagemma si è chiusa una stagione di morte. Èvero che oggi, a distanza di decenni i patrimoni della ‘ndrangheta sono diversificati, nel senso che non vengono materialmente unificati in testa a poche persone, ma spesso vengono anche lasciate in testa ai soggetti che sono stati costretti a consegnarli alla criminalità organizzata. Ciò per evitare sequestri e confische. Succede, però, che le aziende e le imprese, una volta consegnate ai commissari e/o custodi dopo poco falliscono, facendo perdere il posto di lavoro a centinaia di persone. Ecco la frase del PG Dominijanni “la gente pensa che la ‘ndrangheta risolva i problemi e non lo Stato”. Quando un cittadino perde il proprio posto di lavoro perché l’azienda viene sequestrata o confiscata grida contro lo Stato, incapace di amministrarla. Perdere il sostentamento spesso fa perdere di vista la vera legalità. Ma, questo cittadino ha ragione. Le aziende falliscono appena vengono sottoposte ad una misura cautelare! Si chiede il PG perché e afferma di aver “proposto la creazione di un gruppo di studio”. Il problema è stato affrontato più volte ed anche studiato, con proposte concrete per ovviare a ciò. Ricordo a me stesso che una azienda sequestrata o confiscata fallisce perché le banche chiudono i rubinetti, la famiglia di ‘ndrangheta fa di tutto per impedirne le attività, con la conseguenza che i fornitori e gli utenti spesso scompaiono, gli amministratori nominati spesso non sono all’altezza o, comunque, temono, e i provvedimenti assunti dalla magistratura la mettono quasi sempre fuori mercato. Quale può essere la soluzione? Intanto, creare un fondo per la gestione, prelevando gli importi dalle tante confische di denaro ed altro, per sostituire il sistema bancario. Poi affidare le aziende ai tanti testimoni di giustizia e/o collaboratori, previa selezione, che, dopo aver fatto il proprio dovere, spesso perdono le proprie aziende per il contrasto del sistema mafioso. Tale piccola innovazione consentirebbe di far proseguire le attività e mantenere i posti di lavoro e, allo stesso tempo, dare ai tanti imprenditori vessati la possibilità di ricominciare a lavorare. Un passaggio semplice che, però, eviterebbe il fallimento delle aziende e la perdita di migliaia di posti di lavoro. La Lega e il Dipartimento Nazionale Antimafia è ben felice di poter condividere un percorso virtuoso con tutti gli operatori della giustizia per trovare soluzioni adeguate e produttive>>.     

Lo dichiara il commissario regionale della Lega in Calabria, Giacomo Francesco Saccomanno