Un sabato mattino invernale, con una giornata soleggiata dalla temperatura primaverile, in uno dei borghi dell’area interna catanzarese, nel basso soveratese, ci addolcisce il caffè di storia e identità. Una passeggiata nel cuore del centro storico, fra strettissimi vicoli che tra case concedevano dei passaggi utili e che oggi ci donano la giusta consapevolezza delle costruzioni di un tempo e della vicinanza tra le abitazioni che in alcune zone, sembrano toccarsi tra loro.
Un borgo dalle forti identità, dove di sicuro prevale quella contadina e dove rimangono tracce indelebili di qualche botte sparsa qua e là, qualche collare in legno delle preziose capre che facevano economia e davano il controllo del territorio negli innumerevoli pascoli che si compievano nelle aree limitrofe. Stesse aree che sembrano essere dipinte, con colori a olio naturali, dal verde intenso degli uliveti, da qualche macchia di qualche vigna, mista tra il grigio del terreno appena lavorato e il marroncino scuro delle viti, qualche distesa verde appena lavorata e seminata e in questo quadro spiccano le strisce dei calanchi argillosi che da queste parti pare vogliano donare quel tocco esclusivo al dipinto delle campagne caterisane. Centro che tra la frazione marina, dove c’è la maggiore concentrazione demografica, arriva intorno alle 2000 anime, gente comune, figlia del lavoro, figlia orfana dell’emigrazione e dello spopolamento che anche S. Caterina ha impoverito e colpito, come tantissime realtà dell’entroterra catanzarese e non solo.
Il dipinto si anima con le presenze delle persone che popolano il grazioso borgo, le classiche chiacchierate nella piazza centrale tra anziani che si “prenotano” i primi caldi raggi del sol leone che da est sembra voler spingere alla vita ogni cosa, già da est perché S. Caterina pare assomigliare a un terrazzo sul mare con i suoi 459 metri di altitudine. Dopo un buon caffè, ci addentriamo nel borgo medievale che in passato aveva quattro porte e che oggi sembra volersene fortemente fregiare solo della superstite, quella dell’acqua che dava ingresso al borgo dalla zona ovest, notiamo una certa pulizia e cura del borgo, una adeguata pavimentazione che mantiene la caratteristica, osserviamo cartellonistica che ci indica chiese e palazzi nobiliari, giusto chiese , che arricchiscono di arte questo borgo, purtroppo non abbiamo avuto la possibilità di visitarle , visto che tre erano chiuse. Giusta nota a partire dalla chiesa matrice dedicata a Santa Maria Assunta, a quella di S. Pantaleone, a quella del SS. Rosario e infine a quella di S. Caterina d’Alessandria, Santa Patrona del centro. Chiesa a forma di croce latina con tre navate che secondo i fedeli fu eretta nel luogo dove apparse la Vergine, spaventando e mandando via, gli invasori saraceni che sovente ai tempi, nelle varie scorribande da est invadevano le nostre aree interne e assalivano i nostri paesini nell’entroterra. Merita una nota, nelle vicinanze della chiesa di S. Caterina, una pregevole e importante statua della Pietà collocata dal Vescovo Notaris N. intorno al 1787 e ricollocata il 24.11.1978 dalla Confraternita S. Caterina V. M., il suo autore è sconosciuto, ma la sua valenza artistica non è di poco conto. Il borgo faceva parte della contea di Badolato, sorto intorno al 1070, gli ultimi nobili a rimanere furono i marchesi Di Francia che rilevarono il centro il 1799 e rimasero fino al 1809 , praticamente fino all’applicazione delle leggi dell’eversione della feudalità, di sicuro meritano palese nota i numerosi portali in pietra e granito presenti nel borgo che certamente hanno avuto influenza di scuola serrese e che a oggi si mantengono in apprezzabile stato, come meritano nota anche i diversi localini , trattorie tipiche, alcuni b &b che donano un servizio al turista e i catoji (antiche cantine) che in alcuni periodo dell’anno si accendono di movimento, agitando bollicine di ottimo vino di Calabria che da queste parti di sicuro non delude e non manca. Una passeggiata arricchente, rilassante che non solo ci ha donato la giusta consapevolezza delle enormi potenzialità che i nostri poveri e umili borghi ci custodiscono, ma allo stesso tempo passeggiando e raccontando la Calabria, non possiamo che donarle anche noi della positività, giusto premio a una terra ricca e vergine che aspetta la sua alba sociale ed economica.
AD MAJORA SEMPER S.CATERINA DELLO JONIO
Gianpiero Taverniti
https://youtu.be/E2T4BYNxe74?si=JcDonEr8Bu7zQOno