Un proiettile calibro 22, una giovane vita spezzata senza un perche’, due colpevoli che non hanno mai smesso di professarsi innocenti. Sono solo alcuni degli elementi che, venti anni dopo, ancora oggi fanno del “delitto della Sapienza” uno dei casi piu’ controversi della storia della cronaca nera nazionale. Era la mattina del 9 maggio 1997 quando il colpo partito da una pistola mai ritrovata stronco’ la vita di Marta Russo, effettivamente morta il 14 in ospedale. Ma a montare il clamore mediatico del caso furono, giorno dopo giorno, la location del delitto (i viali della citta’ universitaria), il profilo degli accusati (due giovani ricercatori universitari), la ridda di testimonianze e ritrattazioni, la non univocita’ delle prove scientifiche e, soprattutto, la difficolta’ a individuare un movente, sospeso tra lo sparo accidentale, lo scambio di persona e la teorizzazione del “delitto perfetto”. Un’anomalia, questa, sopravvissuta a tre gradi di giudizio: Scattone ha scontato la sua pena, tornando (tra le inevitabili polemiche) a una vita normale ma nessuno sa ancora perche’ quella mattina impugno’ quell’arma e sparo’. Queste le tappe della vicenda. 1997

– La mattina del 9 maggio Marta, studentessa 22enne di Giurisprudenza, viene ferita alla testa da un proiettile mentre cammina in compagnia di un’amica in un vialetto dell’universita’ “La Sapienza” di Roma. La giovane muore cinque giorni dopo in ospedale. La famiglia decide di donare gli organi.

– Il 19 maggio sulla finestra dell’aula 6 dell’Istituto di Filosofia del Diritto i poliziotti della Scientifica scoprono tracce di polvere da sparo. – Il 12 giugno il direttore dell’Istituto di Filosofia del Diritto, Bruno Romano, e’ posto agli arresti domiciliari. L’ipotesi dell’accusa e’ di favoreggiamento.

– Il 13 giugno Maria Chiara Lipari, assistente nell’Istituto di Romano, racconta di aver visto alcune persone nell’aula 6. Tra queste la segretaria Gabriella Alletto e l’usciere Francesco Liparota.

– Il 14 giugno e’ il giorno delle accuse di Gabriella Alletto. La donna punta il dito contro gli assistenti universitari Salvatore Ferraro e Giovanni Scattone e fa anche il nome di Liparota. I tre vengono arrestati nella notte per concorso in omicidio volontario.

– Il 15 giugno Liparota conferma il racconto di Gabriella Alletto e va agli arresti domiciliari ma il giorno dopo si presenta in Procura e ritratta. – Il 17 giugno ai domiciliari, per favoreggiamento, finiscono anche Maurizio Basciu, direttore della biblioteca “Giorgio Del Vecchio”, e l’impiegata Maria Urilli. Sei giorni piu’ tardi Basciu e Urilli tornano liberi con Romano. – Il 10 luglio la studentessa Giuliana Olzai dice di aver visto Scattone e Ferraro fuggire dall’Universita’ dopo lo sparo.

– Il 15 ottobre la Cassazione nega la scarcerazione ai due assistenti.

1998

– Il 9 gennaio la Procura chiede il rinvio a giudizio di Scattone, Ferraro e Liparota, ai quali contesta l’omicidio volontario, e quello di Alletto, Romano, Basciu, Urilli e Marianna Marcucci (amica di Ferraro) per favoreggiamento.

– Il 20 aprile davanti alla prima Corte d’assise di Roma nell’aula bunker del Foro Italico si apre il primo processo a carico di Scattone, Ferraro e Liparota.

– Il 7 settembre Ferraro respinge ogni accusa; due giorni piu’ tardi anche Scattone si proclama estraneo ai fatti.

– L’8 settembre e’ il giorno del video shock, registrazione di un interrogatorio reso nel giugno precedente in cui Gabriella Alletto dice di non essere mai stata nell’aula 6. Al processo pero’ la donna conferma le accuse.

1999

– Il 14 aprile i pm chiedono la condanna a 18 anni per Ferraro e Scattone (omicidio volontario), 5 anni e 9 mesi per Liparota (favoreggiamento e detenzione di arma da fuoco), 4 anni per Romano (favoreggiamento). Un mese a Gabriella Alletto, assoluzione per Basciu e Urilli.

– Il 19 aprile l’Universita’ chiede un miliardo di risarcimento danni a Scattone e Ferraro.

– Il 1 giugno la Corte d’assise condanna in primo grado Scattone a 7 anni per omicidio colposo e Ferraro a 4 per favoreggiamento. Assolte le altre persone coinvolte.

2000

– Il 3 maggio si apre il processo di secondo grado. La Corte d’assise d’appello dispone due nuove perizie: la particella trovata sulla finestra dell’aula 6 non sarebbe riconducibile al proiettile e la traiettoria dello sparo sarebbe invece compatibile con un colpo partito sia dall’aula 6 che dal bagno disabili del piano terra.

2001

– Il 7 febbraio, dopo le richieste dell’accusa (22 anni per Scattone, 16 per Ferraro), la Corte d’assise d’appello condanna il primo a 8 anni per omicidio colposo aggravato, il secondo a 6 anni per favoreggiamento e detenzione d’arma, Liparota a 4 anni per favoreggiamento. La difesa annuncia ricorso in Cassazione.

– Il 5 dicembre si apre la discussione davanti alla prima sezione penale della Suprema Corte. I difensori di Scattone e Ferraro chiedono l’annullamento della sentenza di condanna, ma sul tavolo dei giudici c’e’ anche il ricorso della Procura generale presso la Corte d’appello che chiede una pena piu’ severa per Scattone.

– Il 6 dicembre, intorno alle 16,30, i supremi giudici si ritirano in camera di consiglio. Cinque ore dopo, il colpo di scena: le tre sentenze di condanna vengono annullate con rinvio. Serve un processo bis. “Ha vinto la giustizia”, esulta la difesa. Non ci sono prove dell’innocenza di Scattone e Ferraro”, dicono i genitori di Marta Russo.

2002

– Il 15 ottobre si apre il processo-bis davanti alla seconda Corte d’assise d’appello di Roma. – Il 30 novembre la Corte giudica Giovanni Scattone colpevole di omicidio colposo e lo condanna a 6 anni di reclusione, piu’ l’interdizione dai pubblici uffici. Per Salvatore Ferraro conferma della responsabilita’ per favoreggiamento e condanna a 4 anni e 6 mesi. Due anni e due mesi a Liparota.

2003

– Il 15 aprile vengono rese note le motivazioni della sentenza. “Un dato certo esiste – vi si legge – Giovanni Scattone ha maneggiato una pistola carica nei pressi di una finestra aperta prospiciente su una strada pubblica, e anzi l’ha puntata verso l’esterno”. E “il fatto che non si sappia perche’ abbia sparato e che dunque non si conosca il ‘movente’ per un omicidio come quello per cui e’ causa non e’ certo decisivo ai fini di una sua responsabilita’”.

– Il 15 dicembre la Cassazione conferma le condanne di Scattone e Ferraro con un lieve ‘sconto’ di pena: cinque anni e 4 mesi al primo, 4 anni e 2 mesi al secondo. Esce di scena Liparota: la quinta sezione annulla per sempre la sua condanna per favoreggiamento. Scattone viene trasferito a Rebibbia.

2004

– Il 2 aprile Scattone viene affidato in prova si servizi sociali: lavorera’ in una coop che si occupa di assistenza ai portatori di handicap. “Se la vedra’ prima o poi con la sua coscienza, se ce l’ha”, commenta Aureliana Russo, la mamma di Marta.

2013

– Il 19 aprile la Cassazione respinge il ricorso di Ferraro e lo condanna a pagare oltre 300mila euro dovuti per spese di giustizia. L’ex ricercatore non e’ indigente, afferma la Corte.

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