A partire dall’anno 2013 allo stesso atleta possono essere concesse più Medaglie al Valore Atletico di grado uguale o superiore a quella già ottenuta nella sua carriera sportiva. All’atleta che nel corso della stessa stagione abbia ottenuto prestazioni agonistiche comportanti l’attribuzione di più Medaglie anche di diverso grado, verrà conferita solo la Medaglia di grado superiore.
All’inizio di ogni quadriennio olimpico, la Commissione Benemerenze Sportive provvede a stabilire gli elenchi delle gare di ciascuna specialità, di concerto con le Federazioni Sportive Nazionali e con le Discipline Sportive Associate, sulla base del Regolamento Internazionale che saranno valutati ai fini dell’assegnazione delle Medaglie al Valore Atletico.
Conosciamo meglio la nostra campionessa in questo bellissimo articolo del grande giornalista Rai, Pino Nano, che fotografa alla perfezione tutta la sua carriera agonistica e le sue origini calabresi:
“Venga, le faccio vedere le mie orchidee, sono davvero bellissime…”.
Lo sguardo felino, diretto, pieno di orgoglio, il portamento fiero di una donna del sud che sa quello che vuole.
Quando Maria Fanito sale sul podio per essere premiata come campionessa italiana di pesca in apnea è una vera e propria standing ovation. Soprattutto i ragazzi tifano per lei, e le donne presenti la considerano una sorta di icona del successo. In realtà la storia di questa straordinaria atleta italiana è fatta di immenso sacrificio e di allenamenti in mare senza sosta e senza tregua, una preparazione fisica alle spalle durissima, una volontà di farcela al di sopra di ogni immaginazione, e soprattutto una forza d’anima che fanno di lei una donna d’acciaio.
Estroversa, caratteriale, aperta, simpatica, Maria Fanito è la classica campionessa che non conosce il senso del limite. Per lei tutto si può fare, a patto che ci si prepari a sufficienza, ed è questa sua filosofia che l’ha poi trasformata in una sorta di “pesce umano” a caccia di altri pesci.
La cosa che più commuove sentendola parlare è questo suo amore viscerale e quasi intimo per la Calabria, soprattutto per la Locride dove è nata, per questa Siderno che per come lei la racconta è una città bellissima e più bella di Miami. Straordinaria sensazione d’altri tempi.
“Mio padre Domenico, Mimmo per tutti, aveva una ditta di costruzioni. Molte case di Siderno e zone limitrofe le ha costruite lui, e per un certo periodo aveva anche una rivendita di materiali edili. La mia vita a Siderno è stata un sogno veloce”.
Persino il racconto che ci fa del mare di Siderno è quasi commovente, è come se fosse rimasto il mare più pulito del mondo, magari ancora lo è, ma per lei la sua città e il suo mare, e la sua costa, e la sua gente, e i suoi ricordi di infanzia, sono ancora immacolati e meravigliosi come lei li ricorda da bambina.
Campionessa italiana di pesca in apnea, ma soprattutto ideale ambasciatrice del nostro mare di Calabria in ogni parte del mondo, perché non c’è gara o competizione che non la veda protagonista, e dove lei non racconti lo Jonio con tinte così ammalianti e affascianti da renderlo davvero il mare più incantato del mondo.
Palmares di tutto rispetto. Primo posto sul podio dei campionati assoluti femminili già nel 2021, e terza ai campionati mondiali di Arbatax in Sardegna, fanno di lei una delle promesse assolute di questo sport in Italia, dove è raro che a vincere sia una donna, perché per lunghi anni si è pensato che le donne fossero meno forti degli uomini in questo tipo di “resistenza fisica in mare”.
Non solo, ma alle spalle di questa campionessa così apparentemente coriacea e severa prima di tutto con sé stessa, c’è anche la storia di una mamma, che in questi anni tra un allenamento e l’altro ha dato alla luce e ha fatto crescere tre bambini, che oggi sono diventati grandi e che sono i suoi fans più sfegatati e più fedeli.
La cosa che più piace di lei è questa sua semplicità disarmante, con cui racconta le sue fatiche in mare. Lei dà tutto per scontato, minimizza ogni dettaglio della sua carriera di campionessa, e fa intendere che vivere in mare e in apnea sia quasi un sogno, un sogno che in realtà lei coltivava da bambina e che finalmente si è realizzato.
Lei e il mare. Sono la stessa cosa.
Lei le alghe, lei e la sabbia, lei e il profondo di certi anfratti marini. Una simbiosi di elementi che la rendono quasi simile a una sirena. Lei e i pesci. Lei e il silenzio della profondità. Lei e conchiglie. Lei e la solitudine sovrana, che ti accompagna scendendo sempre più in giù, dove il mare diventa sempre più blu e dove la luce del sole scema e perde la sua lucentezza tradizionale.
A vederla in mare, mentre si prepara alle sue immersioni, sembra impossibile immaginarla poi a casa presa a curare fioriere e orchidee, ma in realtà nella sua nuova casa di Albano, siamo nel cuore dei castelli romani, Maria vanta una collezione di orchidee che sembrano aver ritrovato qui il clima ideale per sopravvivere e riprodursi, e che lei cura e tratta come fossero vere creature umane. Sono un pugno di colori e di profumi che riempiono questa sua casa di vita e di luce. Ma solo le orchidee – sorride sorniona- emanano questa classe e questi riflessi di luce.
-Consigli utili da dare a chi le coltiva?
“Non tutti lo sanno, ma una volta che le orchidee sono sfiorite le si può farle fiorire di nuovo. È molto semplice mi creda. Basta tagliare il ramo al di sopra del secondo nodo, ovvero il punto di ispessimento del ramo cominciando a contare dal basso. Se il fiore sviluppa radici aeree che crescono fuori dal vaso questo è un segno di benessere della pianta, che sta bene così. Non serve quindi rinfilare le radici nel vaso, anzi, questo rischia di danneggiarle, basta lasciarle stare come sono. Naturalmente è importante che il terriccio sia ben areato in modo da offrire un drenaggio umido. L’ideale è il terriccio speciale per orchidee che si trova in quasi tutti i centri di giardinaggio. Preferibilmente non usi il normale terriccio da vaso. Suggerirei anche la concimazione, necessaria nei mesi da marzo ad ottobre, circa per due volte al mese. Alla fine, il risultato è straordinario, lo vede?”.
Ieri l’altro, la cerco per gli ultimi dettagli di questa nostra intervista e la trovo “alle prese con il mare di Crotone”
-Maria ma che ci fa lei a Crotone?
“Sono qui per i miei allenamenti. Questo è il mare ideale per allenarsi: Da qui a Isola Capo Rizzuto non c’è ombra di inquinamento marino. È un mare davvero tutto da bere. La Calabria è ancora l’unica regione dove ci si possa allenare nel migliore dei modi. Penso al Tirreno antistante Pizzo, Briatico, Parghelia, Tropea, Capo Vaticano, una costa meravigliosa, un regalo della natura agli uomini il nostro mare, e spero che si faccia di tutto per conservarlo pulito e inalterato come lo è ancora. Spesso, per mia comodità personale, abitando e vivendo ad Albano, vado ad allenarmi nel mare di Nettuno, ma non è la stessa cosa, è un mare sporco, scuro, dove si vede poco e male, e che non ha nulla a che fare con il nostro. Se poi penso al mare dello Jonio che sta di fronte a Siderno allora mi commuovo anche”.
Maria Fanito fa sua la massima di Goethe: “Le cose migliori si ottengono solo con il massimo della passione”.
Maria ha una casa piena di trofei, di medaglie, di riconoscimenti, di attestati, di pergamene, ma è la vita dei grandi campioni che è costellata e segnata da questi “simboli del successo”. Glielo faccio notare ma lei non ci fa caso, anzi minimizza, e va a prendere una targa d’argento che le hanno consegnato a Siderno il 6 giugno di un anno fa.
“Lo vede? È il premio più bello della mia vita questo. Mi viene dalla mia città natale e dalla mia gente. Quando mi hanno chiamato dal comune di Siderno per anticiparmelo non stavo nei miei panni. È stata una emozione grandissima. La mia città si era finalmente ricordata di me, e in quel momento ho capito che in realtà io non ero mai partita da Siderno, e non avevo mai lasciato il mio passato alle spalle. Grazie a questo premio tutto quello che era stato per me Siderno è ritornato prepotentemente a vivere dentro il mio corpo, una sensazione fortissima. Anzi una emozione davvero indescrivibile”.
“Ho frequentato e mi sono diplomata al liceo scientifico Zaleuco di Locri, città con la quale ho un forte legame per avere molti ex compagni di scuola e tanti amici, che porto nel mio cuore sempre e da sempre, e lo farò -ne sono certa- in ogni momento della mia vita futura”.
Ai giornalisti di “PescaSub & Apnea”, la rivista di settore che nasce nel 1988 da un’idea di Guido Pfeiffer e Flory Calò e che in breve tempo si afferma come la rivista leader nel settore della pesca subacquea Maria Fanito racconta con grande naturalezza la sua crescita professionale e sportiva in questo modo.
“Ho ricevuto un’educazione senza stereotipi, pur essendo nata in una terra, la provincia reggina, che spesso nell’immaginario collettivo propone un’idea di donna succube e sottomessa. I miei genitori mi hanno permesso di vestire a Carnevale i panni di Zorro a tre anni, quando molte bambine erano ancora vestite da dame francesi, con tanto di parrucca e neo sulla guancia. Ho giocato a calcio e a basket, ho pattinato, catturato lucertole, giocato a biliardo e a sedici anni ho voluto, e avuto, una moto. Nella mia vita ho tentato di fare ciò che mi piaceva, di essere me stessa, invece di emulare quello che facevano tutte le ragazze della mia età. Una donna che pesca incuriosisce molto, ma una donna che parla di tecniche, esche, fondali, stimola la curiosità molto di più. E io sono parte di tutto questo”.
Donna coriacea, determinata, a volte cocciuta con sé stessa, educata alla disciplina, abituata a sopportare in silenzio le fatiche di allenamenti estenuanti e faticosissimi, ma il sogno di ogni sportivo alla fine ha un orizzonte comune, che è quello delle Olimpiadi. Forse non è il suo caso, lei non ne parla, ma così è successo anche quando due anni fa sale sul podio dei campionati del mondo come terza assoluta.
“Non ho mai amato molto le competizioni, ma negli ultimi anni mi sono ricreduta. La spinta maggiore credo sia stata la voglia di promuovere un’immagine di donna che va oltre i preconcetti, poi la volontà di mettermi in gioco superati gli “anta”. Ho accettato nello stesso periodo di partecipare a qualche sfilata, cosa che non avrei mai fatto quando ero più giovane. Se il mondo della pesca in Italia è prevalentemente maschile, quello della pesca in apnea lo è quasi totalmente: considera che sono l’unica donna in Italia, per adesso, a partecipare a queste gare. Il mio obiettivo è confrontarmi con gli altri pescatori perché è un campo in cui non si smette mai di imparare”.
-E’ vero che ogni gara che lei fa è una prova durissima?
“Dura e lunga. Il corpo viene sottoposto ad una pressione pesante, sollecitato da fattori di vario genere, e questo comporta una preparazione atletica completa. Tanta corsa, tanta palestra, tanti esercizi fisici per mantenere i muscoli efficienti e in forma perché, dopo tante ore di mare e di sforzo in apnea, i muscoli ne risentono moltissimo. Per fortuna dietro ogni atleta ci sono grandi preparatori atletici, sparring partner che ti fanno diventare più competitiva di quanto tu stesso possa immaginare, ma non solo allenatori in mare, anche dietologi, specialisti insomma che ti seguono e ti inseguono dall’inizio fino alla fine. Questo significa che a vincere una gara alla fine non è mai Maria Fanito, ma è il suo team al completo, la sua squadra, i suoi amici del mare, e qui a Crotone all’interno dell’Associazione che mi segue e mi coccola ce ne sono davvero tantissimi. Non finirò mai di dire loro grazie”.
-Maria come nasce questa sua passione per il mare?
“Sono nata a cinquanta metri dal Mare Jonio, in via Paolo Romeo. Sono vissuta per qualche anno in via Martà, mentre attendevamo che mio padre costruisse la casa di via Letticugna, e dove poi ci siamo trasferiti quando avevo circa 9 anni. Io sono nata in casa, quindi proprio di fronte al mare salmastro di casa mia, ma solo perchè a quei tempi mia madre preferiva partorire in casa. E pensi che fin da quando ero piccolissima mio padre mi portava con le mie sorelle a pescare dalla spiaggia. Cosa che ho sempre continuato a fare negli anni successivi, iniziando a praticare anche la pesca dalla barca che ero ancora bambina. Poi, le mie estati trascorse giocando in un mare profondo mi hanno permesso di sviluppare una grande acquaticità. Ricordo che ancora bambina riuscivo e pescare casualmente qualche polipetto recuperando anche, e già allora in apnea, i barattoli di latta abbandonati sul fondo. La mia prima muta per la pesca in apnea l’ho indossata all’età di vent’anni e da allora non l’ho più lasciata”.
C’è un dettaglio della sua vita che ci viene raccontato da alcuni atleti che fanno parte della sua squadra, e riguarda la sua vita personale. In realtà Maria Fanito non è soltanto oggi la campionessa italiana di pesca in apnea, ma è anche una modella, che di tanto in tanto sfila per diletto e per passione della moda, ma è anche una straordinaria comunicatrice, tanto è vero che un giorno prende il coraggio a quattro mani e si cimenta in una diretta televisiva sulla cucina. Vi chiedere come sarà andata a finire? Bene, il giorno dopo la richiamano perché “la ragazza” è piaciuta molto al pubblico televisivo e quindi le propongono una serie più completa”.
Donna manager di sè stessa, a 360 gradi. 55 anni meravigliosamente ben portati, donna libera nel senso più bello del termine, donna intelligente e volitiva, donna di successo a tutti i costi, anche quando non è lei a cercarlo.
Ha preso persino la patente nautica Maria, e nel suo team c’è chi è pronto a giurare di averla vista al volante di uno scafo da autentica campionessa di corse sul mare.
La cosa che mi rende più felice- ripete- sono i miei figli. “Poi mi piace molto quando, dopo una prima valutazione sul mio aspetto delicato e i miei modi gentili, mi definiscono “selvaggia”. Mi gratifica molto. In realtà rispecchio il luogo da dove provengo e il mio spirito libero. La cosa che mi piace di più? Con un pizzico di vanità e ironia mi autodefinisco: ben conservata in salamoia o in acqua di mare”.
Dietro la sua vita c’è soprattutto la grande bellezza del mare.
Sollecitata a raccontare la sua esperienza di atleta subacquea, dopo la sua vittoria ai Mondiali di Sardegna, le si racconta così: “La pesca è fatta di passione ed emozioni: ogni tramonto, ogni panorama, ogni fondale perlustrato, ogni frizione che fischia, ogni pesce mancato, catturato, salvato, sono cose che rimangono indelebili nella mente di noi pescatori. Piuttosto che parlare del tonno più grande, della corvina più lunga, dell’orata più panciuta, dell’emozione che regalano i delfini o i pesci volanti, delle tartarughe o dei pesci luna, vorrei raccontare qui un’altra storia. Quando ero ragazza e vivevo con i miei genitori, alle volte utilizzavo come esche i coreani che acquistavo in scatoline di cartone e conservavo in frigorifero, ben nascoste. Quando mia sorella maggiore scopriva le scatole rovistando nel frigorifero a casa mia si scatenava una baraonda. Con urla e strilli, prendeva la scatola avvolta nel giornale e la lanciava fuori dalla porta sparpagliando i miei adorati vermi verdi nel giardino o fiondandoli oltre la recinzione”.
-E lei che faceva?
“Correvo in guardino per raccattarli, uno per uno, se li trovavo. E quando non riuscivo a ritrovarli, allora ero costretta a ricomprarli. Cosa che poi facevo puntualmente ogni qualvolta accadeva tutto questo”.
Donna moderna, ma anche donna madre di tre ragazzi a cui alla fine Maria è riuscita a trasferire il suo amore per il mare e la pesca.
“Ho tre figli. Mario Augusto Matarazzi, che è nato a Locri, forse ricorda i sequestri Matarazzi, mio marito era Angelo, il fratello di Tobia e il cugino di Annarita. Angelo poi è morto nel 2004.Dal mio secondo compagno, Gianni, lui è romano, ho avuto invece il mio secondo figlio, Giorgio, che oggi ha 22 anni ed è impiegato. La mia terza figlia ha invece 20 anni è studia giurisprudenza. Tre figli che prendono il loro tempo. Quando erano piccoli li portavo con me al mare, adesso sono sufficientemente autonomi e ho avuto la fortuna di condividere questa mia passione per la pesca con il mio compagno. Lui mi ha insegnato la pesca in apnea, io l’ho fatto avvicinare alle tecniche di pesca in mare, con canna e mulinello e insieme, negli anni, abbiamo affinato altre tecniche. Gli ultimi miei due figli sono appassionati di pesca in apnea, il secondo ha pescato con il retino un pesce ago e la femmina con un pezzo di pomodoro ciliegino come esca ha tirato su un sarago pizzuto da un chilo e mezzo. Come vede buon sangue non mente”.
Donna da record anche.
“Il mio ambiente ideale è ovunque ci siano pesci, ma è solo la tecnica di pesca che cambia la storia di un campione. Pensi che con la muta io riesco a rimanere in acqua anche sei, sette ore di filato. Con la canna in mano sono stata invece capace di passare dalla pesca ai calamari dall’alba e al tramonto, alla traina e al bolentino di profondità per tre giorni consecutivi, senza mai scendere dalla barca”.
-Perché lo dice con tutta questa enfasi Maria?
“Ma questa è la mia vita. È la parte più bella della mia vita. È la mia storia più emozionante, e che mi piace di più raccontare”.
Un giorno i giornalisti di “Boatmag” le chiedono di stilare una sorta di vademecum per gli appassionati del mare e della pesca, sentite lei cosa risponde e cosa suggerisce a Luciano Pau.
“Consiglierei a chiunque decidesse di dedicarsi alla pesca dalla barca di prendere la patente nautica e imparare a governare con padronanza un’imbarcazione: in mare gli imprevisti non mancano mai. Il pescatore abbraccia uno stile di vita: l’amore per il mare, la vita all’aria aperta, i panorami mai statici ma caleidoscopici tra luci che variano e paesaggi che mutano, e si trasformano con il trascorrere delle ore. Oltre ad apprezzare le meraviglie del mondo, il pescatore è un conoscitore di nodi e di venti, di maree e di correnti, di fasi lunari e habitat, fauna e flora marini. Il pescatore ha una conoscenza del territorio come pochi. Amate il mare e rispettatelo, ne sarete ripagati”.
-Altre regole da seguire Maria?
“I ruoli in barca sono stabiliti con precisione, per evitare che si generi confusione. La collaborazione e l’alternanza sono le chiavi per divertirsi e riuscire a gestire più persone in spazi ristretti e ottenere il massimo nelle competizioni. Durante le gare di drifting al tonno, per esempio, ogni componente dell’equipaggio ha una sua canna in pesca e il comandante si dedica alla guida della barca. Allo strike ognuno ritira la propria canna e l’angler titolare della canna fortunata recupera il pesce allamato. Il comandante indica di staccare l’ancora e inizia il combattimento… Vede, le persone hanno necessità di avere un punto di riferimento reale a cui affidarsi per essere consigliate o stimolate nelle scelte, consapevoli che chi propone delle indicazioni come faccio di solito io ha grande esperienza alle spalle, ed è degno quindi di fiducia. E questo mi rende ancora più consapevole del mio ruolo e della forza delle cose che dico”.
-Cosa c’è in realtà dietro il suo successo?
“Una famiglia che mi vuol bene. Una famiglia importante. Una famiglia che mi segue e che mi ama. Una famiglia che fa il tifo per me. Ecco cosa c’è di tanto speciale. La famiglia, mi creda, è il vero cuore del mondo”. #pinonano