Nel rispetto delle nostre tradizioni prima che una salma venga tumulata la comunità eleva a Dio preghiere di suffragio. Lo facciamo anche per questi nostri fratelli immigrati morti nel naufragio avvenuto il 17 giugno scorso al largo delle coste ioniche, prima del rimpatrio di alcune salme. È un gesto di misericordia corporale per quanti sono sono morti in uno dei tanti viaggi della speranza. Sono migranti in fuga per guerre e calamità naturali dai loro paesi, naufragati nelle fredde acque del nostro mare. Sono per noi fratelli e sorelle. Preghiamo per loro e per i loro cari. Non importa se il loro credo religioso sia diverso dal nostro. Dio è padre di tutti e ci ha resi membri della famiglia umana. Egli – come abbiamo ascoltato nel testo di Geremia – è “il vasaio” e noi come “argilla” nelle sue mani siamo stati da Lui modellati. Ci ha fatti in modo originale ed unico. Ci ha conferito una dignità che non ci può essere mai tolta nè per il colore della pelle o per le condizioni sociali ed economiche o di appartenenza nazionale. Agli occhi di Dio siamo tutti uguali ed abbiamo la stessa dignità. Di molti di questi migranti annegati non conosceremo mai il nome nè il volto. Per la nostra fede cristiana sappiamo che i loro nomi sono scritti nel cuore di Dio. Ma ad essi non sono stati riconosciuti i diritti che a tutti vengono riconosciuti. Per molti restano migranti di serie B, come lo è stato il loro naufragio di cui poco s’è detto e scritto. Un naufragio di serie B, che ha visto interessati pochi politici!

Non possiamo perciò sfuggire ad un interogativo inquientante che interpella la nostra coscienza e quella dei nostri governanti: è stato fatto il possibile per evitare questa sciagura? Cosa fa per loro e per il miglioramento delle  loro condizioni di vita la politica mondiale che investe enorme risorse in armamenti e ammoderna l’industria bellica che non conosce crisi? È possibile che la sensibilità dell’uomo moderno resti indifferente di fronte alla situazione dispoerata di quanti affrontano questi viaggi senza un minimo di sicurezza in barconi fatiscenti?

Credo che oggi, per quanto riusciamo a sapere attraverso i mezzi di comunicazione, un problema gravissimo, insieme alla corsa agli armamenti, è una guerra mondiale in corso, che sembra incontrollabile. Tra i fattori principali alla base delle migrazioni, lo sappiamo bene, ci sono le guerre ed i conflitti che interessano molte aree geografiche, spesso depauperate da ingiustizie che vanno avanti da troppo tempo. Per questo preghiamo per la pace, per il ristabilimento delle pacifiche relazioni tra i popoli. La vita buona e dignitosa di ogni uomo va rimessa al primo posto e al disopra di ogni altro interesse. Sogniamo un mondo più umano, più interessato all’uomo e meno agli interessi finanziari ed economici!

C’è un’altra immagine nel Vangelo di oggi: la rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci; quando è piena, i pescatori la tirano a riva, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo.

È una bella immagine, quella della rete, che applicata al Regno di Dio sta a significare che in esso c’è posto per tutti, anche se non va confuso il bene col male, il buono ed il cattivo. Il giudizio però avverrà alla fine dei tempi. In questo tempo a nessuno è dato il diritto di difendersi per distruggere il proprio avversario. A pagare sono sempre esseri innocenti, i bambini in particolare ed i loro sogni.

Ho scelto Rocella Jonica per questa celebrazione, e questa parrocchia della Marina, perchè è propio qui il luogo di approdo di tanti migranti. Il suo porto rappresenta per tanti la speranza di una vita nuova. E questa comunità impegnata nell’accoglienza.

Ringrazio a nome della chiesa quanti sono impegnati quotidianamento nel soccorso in mare: il comune di Roccella, la Guardia Costiera e la capitaneria di Porto, le forze dell’ordine, Carabinieri e Polizia di Stato, la Guardia di finanza, i volontari della Croce rossa e della Protezione civile. Dimentico sempre qualcuno perchè l’accoglienza ed il soccorso impegnano veramente tanti e tante, che, lavorando gomito a gomito, spesso in forma privata, formano una meravigliosa rete di solidarietà.

In questa rete molto sta facendo la Caritas diocesana con i suoi volontari, collaborando strettamente con le Istituzioni, spesso in un lavoro di raccordo e di concretezza operativa. Penso a quanto fatto nell’accoglienza dei parenti dei migranti venuti da altre nazioni per il pietoso ufficio di riconoscimento delle salme. Penso anche al reperimento di fondi per il loro rimpatrio. In questo c’è stata la disponibilità e partecipazione di tutte le diocesi della Calabria che hanno reso una bella testimonianza di carità. A tutti dico: semplicemente grazie.

TELEMIA