Venti persone sono indagate dalla Dda di Catanzaro che gli contesta, a vario titolo, reati di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti.
Di queste, sei sono state arrestate e poste ai domiciliari, mentre per dieci è stato disposto l’obbligo di dimora e per altre quattro il divieto temporaneo di esercitare l’attività di impresa nel settore ambientale e di ricoprire qualunque carica all’interno delle società dello stesso comparto.
Contemporaneamente è stato deciso il sequestro preventivo, per un valore complessivo di circa 4 milioni di euro, di un complesso immobiliare a destinazione industriale di una società a responsabilità limitata di Curinga (nel catanzarese), di due impianti di recupero e trattamento rifiuti (riconducibili a due distinte aziende) rispettivamente di Amaroni (nel catanzarese) e Cotronei (nel crotonese), e di diciassette automezzi.
È questo il risultato dell’operazione nome in codice “Fangopoli” scattata stamani ed eseguita dai carabinieri del Noe, il Nucleo Operativo Ecologico di Catanzaro, con il supporto dei reparti territoriali dei Comandi dello stesso capoluogo di regione e di Vibo Valentia, Crotone, Matera (in Basilicata) e Siracusa (in Sicilia), oltre che dell’8° Nucleo Elicotteri di Vibo.
I CONTROLLI SUL PNRR
L’indagine, piuttosto complessa e coordinata Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, scaturisce dalle attività del comparto centrale dei Carabinieri Tutela dell’Ambiente e della Transizione Ecologica, volte a individuare, nel settore ambientale, delle possibili ingerenze nei flussi di investimento pubblico previsti dalla missione 2 del Pnrrr relativa alla “rivoluzione verde e transizione ecologica”.
Secondo gli investigatori, dunque, si sarebbe fatta luce su quelli che gli stessi inquirenti definiscono come dei “complessi ed articolati traffici di rifiuti”, riconducibili a tre società della provincia di Catanzaro e Crotone.
L’ipotesi è che siano stati svolti dei trasporti di rifiuti della frazione organica derivati dalla raccolta differenziata di comuni calabresi e siciliani, con riguardo a fanghi da depurazione provenienti da impianti comunali calabresi, e altre tipologie di rifiuti compresi materiali misti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, e il successivo stoccaggio nelle sedi o negli impianti delle stesse società.
IL SISTEMA DEI TRASPORTI
Un “meccanismo” – ipotizzano i militari – che avrebbe consentito di ridurre il numero dei trasporti verso gli impianti di destinazione finale, caricando fino alla massima capienza gli automezzi, anche miscelando tipologie di rifiuto diverso e, quindi, abbattendo i costi connessi al servizio.
“La movimentazione dei rifiuti – spiegano difatti dalla Dda – sarebbe avvenuta con l’emissione di F.I.R. in numero superiore rispetto ai rifiuti stoccati e trattati negli impianti, attestando falsamente la ricezione e l’invio a trattamento di ingenti carichi di rifiuti di cui si sarebbe fatta perdere la tracciabilità mediante la combustione e la distruzione, nonché con l’individuazione di impianti adibiti a discariche abusive di rifiuti speciali, non pericolosi, ove i rifiuti venivano anche interrati”.
In questo contesto, il Noe, nel corso delle indagini, ha effettuato numerosi interventi per evitare ulteriori e più gravi impatti ambientali, eseguendo diversi controlli che avrebbero documentato multipli episodi di interramento di rifiuti e, in un caso, anche la combustione illecita degli stessi.
Il provvedimento cautelare reale ha riguardato anche tre impianti di gestione rifiuti presso i quali si è riscontrato proprio lo smaltimento tramite combustione e sversamento in corsi d’acqua superficiali.
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