È trascorso quasi un mese dalle ultime elezioni politiche e il trauma della sconfitta sembra chiudersi velocemente, quasi nell’oblio. Ora le fiacche energie residue del Pd sembrano convergere in un’approssimativa battaglia, ragionevolmente perdente, fatta di luoghi comuni, contro una destra italiana che tirerà dritto sui suoi tracciati, chiari e netti. Il progetto politico, la democrazia, le disuguaglianze, i veri bisogni sociali ripiombano nella parte bassa di un copione ripetuto più volte in cui, dopo il bruciante insuccesso, il congresso di partito diventa l’ultimo rito della sinistra di potere. Charles Bukowski diceva sarcasticamente che in democrazia prima si vota e poi si prendono ordini.

Nel Pd sembra che prima e dopo del voto si prendano solo ordini dalle oligarchie delle correnti. Il rito congressuale è una formalità statutaria per conferire legittimità a quanto, di fatto, è già stato deciso. Si mettono in pista quattro enfatiche idee (e non un progetto di società), si simula una linea politica, si lancia un’accorata chiamata alle armi di tutta la sinistra per essere forti e decisivi nel presente e nel futuro, si fa cenno al pacifismo, alla solidarietà e ai diritti civili, all’ambientalismo, si aggiunge una vena sottile di passione, una mescolata e le jeux sont faits. Il resto, aspettative, umori, bisogni e volontà della base politica hanno perennemente contato poco o niente e ora meno che mai.

La fisionomia del partito “ricostruito” – costruito di nuovo (?) – sembra già delineata: gruppi parlamentari, dirigenti locali e nazionali con l’aggiunta di qualche nome di bandiera (la società civile). Tutte persone che sono state battute con estrema facilità dalla destra – destra. Le indignazioni e le voci critiche dal basso, scaturite dalla pesante sconfitta elettorale, sono state già inghiottite dalle scimitarre puntate contro il centro destra. Come già successo con Berlusconi, si apre di nuovo il ciclo noioso dell’inconsistente corpo a corpo nei confronti della destra che avrà vita facile esibendo come diversivo, questa volta, l’estetismo fascista o parafascista.

Una forza politica demolita e spenta dal voto dovrebbe comprendere le sue incompatibilità con questo popolo, le ragioni della sua reputazione che viaggia a bassissima quota, i motivi per cui non pochi iscritti al partito, simpatizzanti e volenterosi pensatori silenziosi, provano una certa riluttanza a immaginare un Pd ricostruito con le stesse persone che lo hanno condotto forse all’ultima fase della sua storia.

Caro Letta spero che il prossimo segretario, ci si augura di un nuovo partito, non faccia in poco tempo la fine dello shakespeariano Riccardo III che, ormai stremato e sconfitto, invocava “un cavallo per il mio regno”, dove ormai il suo regno valeva meno di un centesimo. Una forza che si adoperi per costruire una nuova idea di mondo, partecipata, condivisa, discussa, aderente ai reali bisogni sociali. Una forza di sinistra che fuoriesca dalla “siccità di pensiero”, che appartenga realmente a giovani, anziani, pensionati, impiegati, operai, insegnanti, liberi professionisti, donne e uomini con in testa una società più giusta che il Pd non ha voluto e saputo edificare in questi ultimi vent’anni di storia perché del tutto orientato su se stesso, sul potere dei suoi mediocri dirigenti centrali e periferici che lo hanno sorretto. Ha perso voti in tutti i ceti sociali, compresa la tanto cara borghesia dei centri urbani.

L’indebolimento del suo partito, in una fase internazionale e interna così sfibrata e delicata, sconfitto duramente dal dominio di una destra priva di pensiero politico, ha reso più fragile il nostro Paese e l’Europa intera. Per queste ragioni mi permetto di porle alcune domande a cui una parte consistente del popolo italiano, e non solo, gradirebbe delle risposte sintetiche, chiare, nette, impegnative.

È possibile sviluppare analisi comuni, territoriali, con forze politiche e sociali, organizzazioni professionali, partite Iva, organizzazioni civiche, terzo settore, imprenditori, nuove generazioni, pensionati, per focalizzare bisogni e proposte utili?

Pensa che il linguaggio, i concetti politici e programmatici, gli obiettivi che avete messo in campo sino ad ora siano concordanti con gli interessi e bisogni reali dei cittadini?

Avete mai effettuato una vera ricognizione di ciò che non funziona nell’impianto istituzionale del nostro Paese per predisporre azioni conseguenti a rimuoverne le cause o proporre nuove misure per ridurre le disuguaglianze sociali e migliorare le condizioni di vita, a partire da quelle dei più deboli?

Si è accorto che il processo pluridecennale delle riforme ha provocato ingenti danni economici, sociali e culturali: fisco; sistema elettorale (democrazia); pensioni; lavoro; istruzione; modalità di legiferazione e decretazione; esercizio della sovranità popolare (libertà e rappresentanza); giustizia e sanità?

L’azione politica è stata mai commisurata al bene comune, all’interesse generale (prendersi cura) e all’impatto sulle nuove generazioni?

Pensate che il lavoro e la sanità pubblica (prendersi cura della salute dei cittadini) possano rappresentare, insieme a una nuova legge elettorale, dell’istruzione e della Pubblica Amministrazione, la nuova frontiera d’impegno per la sostenibilità sociale e ambientale, ivi compresa la pace e la politica energetica?

Franz Foti – https://www.huffingtonpost.it/

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