«O si cambia registro o Riace chiude». Mimmo Lucano, sindaco del paese simbolo dell’accoglienza, da mesi è ormai al centro del mirino. Ad avercela con lui sono l’estrema destra ma anche la Prefettura di Reggio Calabria e il ministero dell’Interno, che dopo aver a lungo adulato il modello Riace e dopo averlo spedito per il mondo come esempio di buona politica contestano la burocrazia alla base del progetto utopico di “Mimmo il curdo”. Così il sindaco avvisa tutti: se non ci sarà sostegno economico, l’esperienza dell’accoglienza chiude, spiega al Dubbio. In pericolo sono due capisaldi del progetto: i bonus, la moneta stampata a Riace, e le borse lavoro, che hanno riportato in vita le vecchie botteghe consentendo ad un paese ormai in declino e spopolato di tornare in vita. Scuole, esercizi commerciali e strade si sono riempiti di migranti, in un grande contenitore multiculturale che ha reso Riace il centro del mondo. Sindaco dal 2004, inserito tra le 50 persone più influenti al mondo dalla rivista “Fortune”, Lucano ora viene messo in discussione: «con tre anni di ritardo – spiega – mi è stato detto da Roma che non viene accettata la modalità di pagamento con i bonus e se l’azzeramento dovesse essere confermato, ci sarà la chiusura dell’intero progetto». La rete e la società civile si sono mossi a sostegno del sindaco, con una petizione per impedire allo stesso Stato che lo ha reso modello di bloccare la rivoluzione culturale. Un segno dei tempi: l’accoglienza, da sfida e risorsa, è tornata ad essere un problema, in linea con le politiche del ministro Marco Minniti.

Il ministero ha sempre considerato la moneta di Riace una trovata innovativa e uno strumento di integrazione. Perché, adesso, le viene contestata?

Il sistema Sprar, dal 2009 al 2013, ha accettato i bonus, di fatto legittimandoli. Con l’erogazione dei fondi 20142016 ci è arrivata una nota con la quale ci viene detto che i bonus non sono ammissibili e che sono a rischio i fondi per il 2017. Il loro intento è “costringere” i commercianti a emettere fattura, per una questione di tracciabilità. Ma la tracciabilità non è messa in discussione dal nostro metodo: i bonus vengono poi pagati con assegni ai commercianti, è tutto perfettamente trasparente. Così hanno deciso di dimezzare i fondi. Ma si tratta di un inganno: perché aspettare anni prima di dirci che le cose non andavano bene? Forse vogliono costringerci a chiudere. Ma se manca la fiducia sono io il primo a volerlo. Negli ultimi 20 anni Riace non è stato un semplice modello di accoglienza ma una risposta quotidiana e concreta a questioni di giusti- zia sociale e ambientale di ordine mondiale. Non ho intenzione di entrare in giochi politici che si mescolano all’accoglienza per obiettivi diversi dalla stessa. O si cambia registro o si chiude. Non devo ricattare nessuno: la situazione è semplicemente questa.

Perché ha deciso di stampare moneta anziché adeguarsi al modello classico?

I bonus tutelano la dignità del rifugiato, spesso umiliato nella consegna di alimenti. Così queste persone hanno immediatamente autonomia economica e libertà di scelta nei beni di prima necessità, entrano subito in contatto con la società e si integrano. Ed è così che siamo sopravvissuti alle lungaggini burocratiche di trasferimento delle risorse dallo Stato agli enti territoriali. Ma negli ultimi due anni ci hanno costretto ad un calvario. Due anni di falsità, a partire dalle relazioni della Prefettura, che ha criticato il modello Riace, ma che solo parzialmente sono state trasmesse al ministero. Ne mancano due all’appello: perché? Lo stesso funzionario che ha letto le mie controdeduzioni si è detto compiaciuto delle mie risposte e della gestione dell’accoglienza. Ma a qualcuno tutto ciò non va bene.

La Prefettura le contesta principalmente anomalie burocratiche, ma come si sono svolti questi sopralluoghi?

Le verifiche della Prefettura sono il risultato di una visita eseguita in maniera approssimativa e parziale, senza nessuna effettiva verifica alle strutture di accoglienza, senza sentire i soggetti beneficiari dei progetti, veri testimoni in grado di attestare la qualità e l’organizzazione dei servizi a loro erogati. Nessuna audizione con gli operatori, nessun colloquio con la popolazione, nessun contatto con i commercianti. Il controllo è stato solo sulla documentazione, con toni immotivatamente punitivi e ostili, arrivando a descrivere il nostro progetto come “ammantato da un idilliaco alone”. Ma la nostra mission è iniziata per caso tanti anni fa e questa non può essere una colpa. Riace, nei primi anni 2000, era un paese fantasma. Non c’era scuola, il bar era chiuso. Non ho deciso nulla, è un progetto nato spontaneamente sulla scia di un veliero trasportato dal vento sulla spiaggia di tanti anni fa. L’utilizzo delle case nel borgo, il codice emotivo dell’ospitalità, le strategie di rigenerazione sociale dei luoghi svuotati dall’emigrazione hanno sviluppato una formula della convivenza delle diversità che rappresenta un caso unico nel panorama mondiale dell’accoglienza. E la nostra principale preoccupazione, ora, è che tutto possa paralizzarsi.

Si può parlare di un tentativo di delegittimazione?

In Italia c’è troppa propaganda, si alimentano queste guerre tra poveri come se tutti i problemi dipendessero dagli immigrati. Mentre mi trovavo a rappresentare l’Italia in Argentina la Questura ha autorizzato una manifestazione a Riace dell’estrema destra. Succedono cose strane, non so perché. Mi fanno rappresentare lo Stato quando conviene a loro. La sua è una posizione forte anche in tema di “ius soli” e ong.Io credo che le ong non sono tutte criminali: anche loro vanno nella stessa direzione di Riace, quella di salvare vite umane. Così come sono d’accordo con la posizione presa dal Papa, che ritiene giusto riconoscere la nazionalità a tutti i bambini e le bambine al momento della nascita. Non riconoscere ai bambini nati in Italia da genitori stranieri la cittadinanza è una cosa amorale. Sono sicuro che il Papa abbia capito che qualcuno sta remando contro la nostra esperienza: a dicembre, quando ci ha invitati in Vaticano, mi ha detto che le sue porte sono sempre aperte per noi, quando ne avremo bisogno. Gli scriverò una lettera e gli chiederò di venire a Riace e starci vicino.

fonte: ildubbio.it