Sono passati quasi 50 anni da quando a largo della costa di Riace Marina, in località Porto Forticchio, in una mattina d’estate il sub Stefano Mariottini avvista sul fondale due statue. A 300 metri dalla costa, 8 metri di profondità, due bronzi alti rispettivamente 1.98 metri e 1.97 metri, del peso di 400 kg vengono segnalati al soprintendente Giuseppe Foti e recuperati il 21 agosto 1972. Riemerge prima il “Bronzo B” poi il “Bronzo A”, successivamente rinominati “il vecchio” e il “giovane”.

Realizzate attorno alla metà V secolo a.C., con una differenza di circa un trentennio l’una dall’altra, le due statue presentano stilemi dorici, tipici del Peloponneso o dell’occidente greco. Resta incerta la loro identificazione: si tratta di divinità o guerrieri? Mistero anche sul relitto che li trasportava, mai ritrovato, così come su altri reperti significativi. Questioni che spesso hanno alimentato diverse teorie, lasciando aperti molti spazi interpretativi sulla loro storia. Una storia che da anni a Riace sembra ormai dimenticata da tutti. A ricordare quello storico evento, non una via, una piazza, una targa, e niente di niente che valorizzasse al meglio quel luogo della memoria.

L’elemento più identitario nel mondo del piccolo centro della Locride, nonostante annunci e promesse, non è stato mai stato al centro dei pensieri delle varie amministrazioni comunali che si sono alternate negli ultimi 30 anni. Per l’ex sindaco Mimmo Lucano Riace era il paese dell’accoglienza ai migranti che arrivavano dal mare in fuga dalle guerre. A Riace Marina a ricordare quell’esperienza, diventata caso di studio in tutto il mondo ma condannata dal tribunale di Locri, una promenade in legno a basso impatto ambientale, segnalata con un cartello sulla statale 106, accessibile attraverso un passaggio pedonale tra le case sul mare e abbellita con vasi di terracotta a forma di barche dai colori delle bandiere nazionali di provenienza dei profughi. Per l’attuale primo cittadino Antonio Trifoli Riace è invece diventato il paese dei Santi Medici Cosma e Damiano, con tanto di segnale di benvenuto affisso all’ingresso del paese. Da anni ormai i bronzi sono esposti al museo archeologico di Reggio Calabria, diventati simbolo della città e di tutta la Regione. Ma, a quanto pare, non di Riace.

Ilario Balì- ilreggino.it