“L’unica cosa che ho da contrapporre a quello che ha sentenziato il giudice è la mia vita. Non ho commesso i reati per i quali sono stato condannato. Anzi, ho sempre agito in senso completamente opposto”.
Lo ha detto Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, nel corso della conferenza stampa che ha tenuto insieme ai suoi avvocati, Giuliano Pisapia ed Andrea Daqua, nel centro della Locride per illustrare il ricorso presentato contro la sentenza emessa nel settembre scorso dal Tribunale di Locri che lo ha condannato a 13 anni e 2 mesi di reclusione riconoscendolo colpevole di presunti illeciti commessi, nella qualità di primo cittadino, nella gestione dei migranti. I giudici hanno disposto per Lucano una pena quasi doppia rispetto a quella chiesta dal pubblico ministero, che era stata di 7 anni e 11 mesi.
All’incontro erano collegati, in videoconferenza, padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, ed il senatore Gregorio De Falco, entrambi vicini alle posizioni di Lucano. “Mi accusano, tra l’altro – ha aggiunto Lucano – di abuso d’ufficio. Ma quale motivo avevo di commettere eventuali abusi se non quello di rispettare le persone ed evitare che finissero per strada e che i loro bambini venissero cacciati dalla scuola? Si parla di truffa perché avrei mantenuto oltre il tempo consentito i migranti, determinando un danno economico per lo Stato. Ma i fatti dimostrano esattamente il contrario perché il danno per lo Stato si sarebbe determinato se entro sei mesi dall’avvio avessi interrotto il progetto d’integrazione dei migranti. Ed é in quel caso che l’accoglienza non serve a nulla se non a chi la gestisce. L’appello ai giudici di secondo grado è un percorso quasi obbligato. Penso che il processo a mio carico sia stato soprattutto a livello mediatico. Ma un conto è una sentenza di condanna ed un altro è quello che avviene fuori dalle aule di giustizia”. “Non lo so se credere nel processo d’appello. Ciò in cui credo – ha detto ancora l’ex sindaco di Riace – é il fatto che, ormai, non ho più paura di niente e di nessuno. Tanto nella vita passa tutto in fretta. Ciò che, però mi farebbe troppo male sarebbe subire una denigrazione e una delegittimazione sul piano morale per cose che non ho fatto”.
fonte: lanuovacalabria.it
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“È una sentenza kamikaze e suicida. Si fa repressione sulla solidarietà e sull’umanità”. Lo ha detto il senatore Gregorio De Falco intervenendo in videoconferenza alla conferenza stampa svoltasi a Riace nel corso della quale l’ex sindaco Mimmo Lucano ed i suoi avvocati, Giuliano Pisapia e Andrea Daqua, per illustrare le motivazioni del ricorso in Appello contro la sentenza di condanna inflitta in primo grado allo stesso Lucano “È sicuramente una sentenza – ha aggiunto De Falco – che ha voluto essere per forza esemplare. Tant’è che i giudici hanno dato il doppio della condanna richiesta dall’accusa. Ha voluto dare un segno rispetto a un sistema di accoglienza che sfuggiva alle logiche criminali che invece pervadono il sistema in larga parte d’Italia. È una sentenza contraddittoria. La forma di integrazione che c’era a Riace ce la invidiavano in tutto il mondo. Era un esempio”. “Nelle motivazioni della sentenza – ha sostenuto ancora il senatore – si afferma che ‘nulla importa che l’ex sindaco di Riace sia stato trovato senza un euro in tasca. Perché, ove ci si fermasse a valutare questa condizione di mera apparenza, si rischierebbe di premiare la sua furbizia, travestita da falsa innocenza. Ma ci rendiamo conto – si é chiesto De Falco – di cosa c’è scritto? E’ assurdo. Questa non è una sentenza, è un’opinione politica. È stato condannato non solo Lucano, ma l’intero sistema di accoglienza che era basato anche sulla vicinanza e sull’immediata azione amministrativa di chi ne aveva la responsabilità. E che cosa deve fare il soggetto responsabile del sistema se non andare incontro ai bisogni della gente. Credo che quella che riguarda Mimmo Lucano sia una questione politica e anche sociale. I principi fondanti dell’ordinamento sono stati lesi. Noi stiamo giocando con i principi che fondano la società. Non c’è nessuna società che non si regga sulla solidarietà”. (ANSA).