Le mafie sono sempre meno inclini ad eclatanti manifestazioni di violenza quanto invece preferiscano concentrarsi sulla “silente” infiltrazione economico-finanziaria.

È quanto emerge prorompentemente, seppure non più come elemento di novità, dalla relazione semestrale, in questo caso quella del secondo semestre del 2021 , presentata ieri al Senato dalla Direzione Distrettuale Antimafia.

L’analisi è realizzata sulla base delle evidenze investigative, giudiziarie e di prevenzione e conferma quanto era stato già previsto nelle ultime Relazioni della Dia, evidenziando la strategicità dell’aggressione ai sodalizi mafiosi anche sotto il profilo patrimoniale con lo scopo di arginare il riutilizzo dei capitali accumulati illecitamente ed evitare l’inquinamento dei mercati e dell’Ordine pubblico economico.

Una direttrice d’azione importantissima che fino ad ora ha permesso di ridurre drasticamente la capacità criminale delle mafie evitando effetti che altrimenti sarebbero stati disastrosi per il “sistema Paese”.

La Relazione di questo semestre, dunque, arriva a descrivere i profili evolutivi delle organizzazioni mafiosa e di matrice etnica soffermandosi sui rispettivi modi di operare e avendo riguardo alle differenti capacità in ordine alla infiltrazione nell’economia legale e al turbamento dell’ordine e della sicurezza pubblica.

LA VOCAZIONE INTERNAZIONALE

L’elaborato sottolinea, inoltre, quanto un contrasto specifico alle mafie debba svolgersi anche e soprattutto avvalendosi della cooperazione internazionale, considerando che ormai la criminalità organizzata italiana, di qualsiasi matrice, tenda a rivestire ruoli di rilievo all’estero.

In questo ambito viene infatti sottolineata nel rapporto l’efficacia della Rete Operativa Antimafia @On di cui la Dia è ideatrice, promotore e Project Leader.

Nella premessa della Relazione e nel capitolo dedicato al riciclaggio vengono poi rispettivamente trattate le più recenti evoluzioni della normativa nazionale e continentale attinente all’esecuzione all’estero di provvedimenti ablativi e alla prevenzione del money laundering realizzato attraverso i mercati elettronici.

I SECRET CULTS

Il documento, inoltre propone un focus di approfondimento sulla criminalità nigeriana strutturata nei cosiddetti secret cults i cui tratti tipici sono l’organizzazione gerarchica, la struttura paramilitare, i riti di affiliazione, i codici di comportamento e più in generale un modus agendi che la Corte di Cassazione ha più volte ricondotto alla tipica connotazione di “mafiosità”.

Appare anche particolarmente significativo evidenziare come siano state accertate riunioni periodiche dei cult in alcune città con collegamenti tra omologhi sodalizi operativi in diverse aree del nostro Paese.

Questo quadro, pertanto, secondo la Dia impone di continuare nella lotta contro la criminalità organizzata con particolare attenzione all’aggressione dei beni accumulati illecitamente dalle mafie tramite gli strumenti dei sequestri penali e di prevenzione.

I DATI DI SINTESI

Su questo fronte, la portata dei provvedimenti di prevenzione eseguiti nel semestre in esame testimonia l’attenzione verso il settore da parte Direzione Investigativa Antimafia che orienta le sue attività per proteggere il tessuto economico del Paese dalle ingerenze della criminalità organizzata.

I dati di sintesi su questo fronte, difatti, ricordano come siano stati effettuati, nel semestre di riferimento, sequestri per oltre 165 milioni di euro e confische per poco più di 108 milioni, e come siano state tenute sotto controllo oltre mezzo migliaio di aziende, siano state emesse 373 interdittive antimafia e segnalate poco meno di 69mila operazioni sospette.

LE OPPORTUNITÀ DELLA PANDEMIA

Gli esiti delle più rilevanti inchieste concluse nel semestre restituiscono ancora una volta l’immagine di una ‘ndrangheta silente ma più che mai pervicace nella sua vocazione affaristico imprenditoriale, oltre che costantemente leader nel narcotraffico.

In un contesto socio-economico segnato trasversalmente dagli effetti della pandemia da Covid19 le cosche calabresi continuano a presentarsi come una potenziale minaccia su larga scala ai tentativi di ripresa.

In passato infatti hanno dimostrato di saper intercettare opportunità e di approfittare delle criticità ambientali per trarne vantaggio perseguendo una logica di massimizzazione dei profitti e orientando gli investimenti verso ambiti economici in forte sofferenza finanziaria.

Il Rapporto della Banca d’Italia su “L’economia della Calabria” pubblicato il 17 novembre 2021, sottolinea infatti come “… nella prima parte del 2021 l’economia calabrese è stata caratterizzata da importanti segnali di ripresa, seppur ancora insufficienti a colmare il calo registrato durante la crisi pandemica… Il miglioramento congiunturale ha influito positivamente sulla situazione finanziaria delle imprese, che durante la crisi pandemica avevano comunque beneficiato di ampie misure pubbliche di sostegno… Il miglioramento del quadro congiunturale, insieme all’accelerazione della campagna vaccinale e all’allentamento delle misure di restrizione alla mobilità, hanno contribuito a rafforzare il clima di fiducia delle famiglie. I consumi restano però improntati a maggior cautela rispetto al passato, con un livello di propensione al risparmio ancora elevato… La spesa delle famiglie è stata sospinta anche dal ricorso ai prestiti bancari, con una crescita che ha riguardato sia il credito al consumo sia i mutui per l’acquisto di abitazioni…”.

LA LIQUIDITÀ OFFERTA ALLE IMPRESE

Secondo gli investigatori, tuttavia, persiste una preoccupazione legata ad un modello collaudato che vede la criminalità organizzata calabrese proporsi ad imprenditori in crisi di liquidità offrendo forme di sostegno finanziarie parallele e prospettando la salvaguardia della continuità aziendale con l’obiettivo, invero, di subentrarne negli asset proprietari e nelle governance.

Tutto ciò al duplice scopo di riciclare le proprie risorse economiche di provenienza illecita e di impadronirsi di ampie fette di mercato inquinando l’economia legale.

“Si deve poi tener conto – si legge nella relazione – della consolidata capacità delle consorterie criminali calabresi di intercettare le forme di sostentamento pubblico anche in considerazione delle misure ad oggi già previste o che sono in via di adozione”.

Tra queste ultime e prime fra tutte le risorse del NextGeneration UE al quale sarà data attuazione in Italia per mezzo del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza.

La minaccia in tal senso è rappresentata dalla comprovata abilità delle cosche di avvicinare e infiltrare quell’area area grigia che annovera al suo interno professionisti compiacenti e dipendenti pubblici infedeli in grado di consentire l’inquinamento del settore degli appalti e nei più ampi gangli gestionali della cosa pubblica.

L’INFILTRAZIONE NEL SETTORE SANITARIO

In questo senso la Dia fa specifico riferimento al settore sanitario dove già nel tempo sono emerse significative criticità, l’emergenza pandemica ne ha evidenziato ancor più la vulnerabilità come dimostrato a titolo esemplificativo dagli esiti di una serie di operazioni di polizia concluse recentemente.

“Il fenomeno mafioso calabrese imperniato su quella forte connotazione familiare che l’ha reso fino al recente passato quasi del tutto immune dal fenomeno del pentitismo – prosegue il report – non può oggi essere analizzato senza tener conto del pressoché inedito impatto determinato dall’avvento nei contesti giudiziari di un numero sempre crescente di ‘ndranghetisti che decidono di collaborare con la giustizia. Inoltre diverse inchieste giudiziarie continuano a dar prova dell’attitudine delle ‘ndrine a relazionarsi agevolmente sia con le sanguinarie organizzazioni del narcotraffico sudamericano, sia con politiciamministratoriimprenditori e liberi professionisti potenzialmente strumentali al raggiungimento dei propri obiettivi. Grazie alla diffusa corruttela verrebbero condizionate le dinamiche relazionali con gli Enti locali allo scopo di ricavare indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche sino a controllarne le scelte”.

L’INQUINAMENTO DELLA COSA PUBBLICA

Secondo la Dia, quindi, ne risulterebbe inquinata la gestione della cosa pubblica e spesso alterata la competizione elettorale. A conferma di ciò interviene il significativo numero di scioglimenti di consigli comunali per ingerenze ‘ndranghetiste anche in aree lontane dalla Calabria.

Condizionamenti di specie hanno riguardato i Consigli Comunali di Rosarno (nel reggino), di Simeri Crichi e di Nocera Terinese (nel catanzarese) sciolti ad agosto del 2021.

“Nonostante la consolidata caratterizzazione silente delle cosche – spiegano ancora gli investigatori – esse non disdegnerebbero laddove necessario, l’attuazione di condotte aggressive finalizzate a pressare il territorio con estorsioni e usura ricorrendo, se del caso, anche ad efferati atti di sangue”.

Difatti, anche al di fuori dei territori di origine la ‘ndrangheta esprimerebbe la sua rilevante capacità imprenditoriale grazie peraltro al narcotraffico che ne determina l’accrescimento delle ingenti risorse economiche a disposizione.

IL TRAFFICO DI DROGA

I clan calabresi, infatti, si pongono come interlocutori privilegiati con le più qualificate organizzazioni sudamericane garantendo una sempre più solida affidabilità.

D’altra parte il settore non sembra aver fatto registrare flessioni significative neanche nell’ultimo periodo nonostante le limitazioni alla mobilità imposte per contenere la pandemia.

Significative risultanze investigative nel semestre hanno poi confermato la centralità degli scali portuali di Gioia TauroGenovaLa SpeziaVado Ligure e Livorno per l’approdo di stupefacente.

Sempre con riferimento al traffico di droga appare significativo anche nel periodo in esame il rinvenimento di numerose piantagioni di cannabis coltivate in varie aree della regione. Si tratta di una circostanza che allo stato non permette di escludere il coinvolgimento della criminalità organizzata nel fenomeno della produzione e lavorazione in loco di sostanza illecita destinata alla vendita.

L’ADATTAMENTO TERRITORIALE

Infine, i sodalizi criminali calabresi hanno da tempo dimostrato di essere straordinariamente abili nell’adattarsi ai diversi contesti territoriali e sociali prediligendo, specialmente al di fuori dai confini nazionali, strategie di sommersione in linea con il progresso e la globalizzazione.

Fuori dalla Calabria, quindi, oltre ad insidiare le realtà economico-imprenditoriali le cosche tentano di replicare i modelli mafiosi originari facendo leva sui valori identitari posti alla base delle strutture ‘ndranghetiste.

Riprova ne sono Le locali di ‘ndrangheta emerse nel Nord Italia nel corso degli anni dalle attività giudiziarie che dimostrerebbero la forza espansionistica delle cosche e la loro vocazione a replicare fuori delle aree di origine lo schema tipico delle organizzazioni regionali.

Un dato per tutti: in totale le indagini hanno consentito di individuare infatti 46 locali, di cui 25 in Lombardia, 16 in Piemonte, 3 in Liguria, ed una ciascuna in VenetoValle d’Aosta e Trentino Alto Adige.

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