Si sono ritirati in camera di consiglio i giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria che dovranno esaminare il caso dell’ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, coinvolto nella nota operazione Xenia, che ha coinvolto 17 indagati.
Proco prima delle 10:30 i giudici – presieduti da Elisabetta Palumbo – si sono ritirati per emettere la sentenza di secondo grado, dopo aver ascoltato una breve replica dei procuratori generali Adriana Fimiani ed Antonio Giuttari. La decisione è attesa nel primo pomeriggio.
Inizialmente il Tribunale di Locri aveva chiesto una condanna a 13 anni e 2 mesi in carcere, con le pesanti accusa di associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abuso d’ufficio. La pena però era già stata ridotta a 10 anni e 5 mesi dalla Procura, che contestava a Lucano presunti illeciti nella gestione dei progetti collegati all’accoglienza dei migranti a Riace.
Per i difensori di Lucano – gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia – l’intera vicenda è stata bollata come un “accanimento non terapeutico”, contestando l’intero impianto accusatorio: in particolare, avrebbero sostenuto un “uso distorto delle intercettazioni” favorito da alcune trascrizioni errate, in cui all’allora sindaco sarebbero state attribuite delle frasi in realtà mai pronunciate.
Sempre i difensori di Lucano avevano poi parlato di una “lettura forzata se non surreale dei fatti”, al fine di “arrivare ad una condanna ad ogni costo”. Per loro, infatti, le azioni svolte da Lucano in qualità di primo cittadino sarebbero state “in linea con quanto riportato nei manuali Sprar” e finalizzate unicamente “all’accoglienza ed all’integrazione”.