Nella mattinata di oggi, nel Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, il Comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza ha consegnato al Soprintendente per la città metropolitana e la provincia di Vibo Valentia 253 beni culturali recuperati nell’ambito di una indagine della Procura di Palmi.
L’inchiesta ha difatti permesso di ritornare in possesso di beni archeologici e paleontologici per un valore complessivo che si stima si aggiri intorno ai 300 mila euro ed è stata condotta nel 2013 dai militari del TPC dopo un controllo doganale eseguito nell’aeroporto di Reggio Calabria sul bagaglio di due passeggeri italiani provenienti dal Messico.
Allora si sequestrarono 648 monete in argento e bronzo di epoca magno greca, romana e medioevale e 37 reperti di presumibile interesse storico archeologico risalenti alla Magna Grecia e alle civiltà dell’America Centrale, che erano a casa di un professionista reggino.
Con la collaborazione dei funzionari archeologi della Soprintendenza Archeologica della Calabria e del Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini” di Roma, si è accertato che 28 reperti sequestrati erano indiscutibilmente autentici, collocabili al periodo preclassico antico (1100-900 a.C.) e postclassico (1300-1521 d.C.) e provenienti dalle culture dell’altipiano centrale e dalla Costa del Golfo del Messico.
Per nove di questi, trovati nel bagaglio intercettato all’aeroporto dello Stretto, i funzionari del Ministero della Cultura messicana, nel 2016, ne hanno richiesto ed ottenuto la restituzione in quanto pertinenti al patrimonio culturale di quello Stato.
Per i restanti 253, dopo una sentenza passata in giudicato il 20 febbraio scorso, il Tribunale di Palmi ne ha disposto la confisca e la restituzione all’avente diritto, individuato appunto nello Stato Italiano, tramite la consegna alla Soprintendenza A.B.A.P. di Reggio Calabria.
Tra questi figurano: un gruppo di 240 monete autentiche in rame ed 8 in argento attribuibili ad età greca e medievale, la cui maggiore concentrazione è individuabile nelle coniazioni di epoca romana; due “dressel” databili tra il I sec. a.C. ed il II sec. d.C., si tratta di contenitori di vino da trasporto molto diffusi nella prima metà imperiale, la cui prima origine si colloca in Grecia (isola di Rodi) ma che si è estesa in seguito anche in varie località della Magna Grecia tra cui la Calabria.
Inoltre, una lucerna fittile, databile alla prima età imperiale romana, con decorazione sul disco; un frammento di vaso, databile al IV sec. a.C., a figura rossa di produzione italica; un dente di un proboscidato estinto della Famiglia dei Gomphotheriidae (comunemente conosciuti come “mastodonti”), diffusi in Africa, Asia, Europa e Nord-America. In Italia è conosciuta la specie Anancus arvernensis, diffusa tra la fine del Miocene (10 milioni di anni fa) e le fasi iniziali del Pleistocene (circa 1,5 milioni di anni fa).
La restituzione di oggi al patrimonio dello Stato dei beni culturali recuperati è frutto di attività complesse, compiute in stretta sinergia con gli organi centrali e periferici del MiC, nonché dell’impegno e la professionalità di donne e uomini, militari e civili, altamente specializzati nel settore, che hanno consentito di salvare importanti testimonianze dell’identità collettività che ci raccontano la loro storia e, di riflesso, la nostra.
L’evento si è svolto alla presenza del Prefetto di Reggio Calabria, del Procuratore Capo della Repubblica di Palmi, del Comandante Provinciale Carabinieri di Reggio Calabria, del Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria nonché delle Autorità civili, militari e religiose.
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