È impietoso il quadro dipinto a seguito dell’operazione Deep 2, che nella giornata di ieri ha passato al setaccio buona parte della provincia di Reggio Calabria con controlli estesi su oltre 220 chilometri di costa: dalla fascia ionica alla tirrenica fino allo Stretto.
Una vasta operazione svolta dai Carabinieri Forestali con il supporto dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, assieme all’8° nucleo elicotteri di Vibo Valentia ed il nucleo investigativo di Polizia Ambientale ed Agroalimentare, che fa seguito ad interventi simili già portati a termine nelle provincie di Vibo Valentia, Catanzaro e Cosenza
Un’attività complessa svolta con l’obiettivo di contrastare ogni illecito contro l’ambiente e la natura, e che si è avvalsa di operazioni empiriche, riferite al ciclo di intorbidimento delle acque marine; così come di attività cliniche svolte tramite appositi campionamenti, analisi ed esami; e di rapporti statistici coadiuvati dalle analisi dell’Ispra relativi in particolar modo ai fanghi di depurazione ed ai reflui.
LA CALABRIA AGLI ULTIMI POSTI
Proprio questi report nazionali collocano la Calabria tra le ultime Regioni per produzione e trattamento di tali fanghi, con appena 34 mila tonnellate dichiarate nel 2019 per una popolazione di 1 milione ed 860 mila abitanti.
Una netta sproporzione rispetto ai dati forniti da altre regioni, come la Sardegna, che con una popolazione di 1 milione e 600 mila abitanti dichiara più di 90 mila tonnellate; o la vicina Puglia, che con 4 milioni di abitanti arriva a quasi 300 mila tonnellate.
Da qui le attività di controllo e di contrasto portate avanti dai Carabinieri, che con il supporto dell’Ispra e della stazione zoologica Anton Dohrm hanno eseguito numerosi campionamenti di acque reflue e di fanghi al fine di verificare i livelli di inquinamento e risalire così alle eventuali fonti inquinanti sparse sul territorio.
Operazione volte ad arginare l’inquinamento delle acque – sia fluviali che marine – ed evitare così il degradamento dell’ecosistema, che comporta gravi ripercussioni e rischi alla salute umana ed animale, oltre ad essere indice di un costante pericolo di infiltrazione criminale nella gestione dei rifiuti.
L’AZIONE NELLE AREE IMPERVIE
L’attività di controllo ha riguardato in particolar modo alcune aree impervie, come i corsi dei fiumi Mesima e Petrace sulla fascia tirrenica, ma anche il torrente Caserta e la fiumara Annunziata, assieme a numerosi corsi d’acqua sparsi tra la piana di Gioia Tauro e la Locride.
Le attività di monitoraggio non hanno riguardato solo i greti, ma anche le sorgenti e l’alveo fluviale, al fine di verificare con la maggiore accuratezza possibile l’eventuale contaminazione. Complessivamente, sono stati effettuati 84 campionamenti tra acque e fanghi.
Passati al setaccio 48 impianti di depurazione, 14 dei quali sono risultati non a norma: tre sono stati posti subito sotto sequestro, assieme ad una stazione di sollevamento delle acque reflue ed un canale collettore, viste le palesi violazioni nella gestione ed il mancato smaltimento dei fanghi.
Controllate anche 42 attività produttive, 29 delle quali sono state sequestrate e temporaneamente chiuse per plurime violazioni di natura ambientale. Si tratta di quattordici autolavaggi, sei aziende agricole, cinque cementifici, due autofficine e altrettante lavanderie industriali.
Al termine della vasta operazione, 51 persone sono state denunciate per vari reati ambientali, mentre sono state elevate pesanti sanzioni per un totale di circa 400 mila euro.
Attesi adesso i risultati dei campionamenti che saranno opportunamente trasmessi all’autorità giudiziaria al fine di valutare ulteriori provvedimenti.
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