Il Castello domina Palizzi Superiore elevandosi su un mastodontico costone roccioso a 300 m s.l.m. con pareti a picco, in posizione dominante rispetto al centro abitato. Era considerato un baluardo difensivo per sfuggire alle incursioni dei nemici dei secoli della pirateria turchesca. L’unica possibilità di accesso è la via Castello a riprova della strategica posizione. Non si hanno notizie certe relative alla data di costruzione dell’edificio, ma su una lapide posta all’ingresso si legge in latino che nel 1580 era “cadente per vecchiaia”. La prima edificazione della rocca potrebbe risalire al XIII secolo ma è probabile che il castello sia stato edificato dai Ruffo nel XIV secolo.

Negli anni, numerosi sono stati gli interventi a cui è stato sottoposto e che lo hanno condotto all’aspetto con cui si mostra adesso. L’impianto difensivo venne rimaneggiato dai Romano, dai Colonna e dagli Erbo nel XVI secolo, dagli Arduino di Alcontres nel XVIII secolo e fu poi trasformato in palazzo residenziale dalla famiglia baronale dei De Blasio nel 1866 (nella persona di Tiberio che decise di ricostruire il castello di Palizzi ad un anno esatto della morte del padre avvenuta proprio nelle sue stanze) che sul lato ovest edificarono il palazzo tutto in laterizio. Dopo la ricostruzione il castello fu utilizzato come residenza estiva da Don Tiberio fino alla sua morte avvenuta nel 1873, all’età di soli 46 anni. Dell’antico impianto originario rimangono le alte mura di cinta con i possenti bastioni con scarpa e toro di separazione, le bocche da fuoco a più livelli che seguono l’andamento del costone roccioso e alcune tracce di merli e feritoie. Vi sono, infine, due torri, una cilindrica merlata sul versante est e una angolare sul versante opposto. La porta d’ingresso, sovrastata da una caditoia, reca ancora lo stemma con l’epigrafe di Francesco Colonna che lo restaurò nel 1580 e conserva ancora la ghiera d’arco di pietra. Nel 1943 Carlo de Blasio vi si rifugiò, quando Reggio venne bombardata dagli anglo-americani. Tra gli anni 1950-1960 Ferdinando, detto Nandino, utilizzò il castello nei mesi estivi con la moglie donna Noemi e i suoi figli. Don Nandino provvide a fare apportare dei piccoli restauri alla parte abitabile, che comunque risultarono insufficienti ad arrestare il progressivo deterioramento. Oggi, anche quella parte abitabile restaurata, è quasi senza più copertura. Da un certificato del Mastro d’atti di Palizzi, Saverio Grimaldi, risulta che nel 1751 il castello era cinto da mura con due torrioni. All’interno c’era una grande scala con una sola finestra, la cucina “con sua ciminera focolare”, una camera con soffitto di tavole rotto, “un’antecamera anche rustica insuffitata di tavole”, una serie di altre stanze, magazzini e cantine.

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