R. e P.                                                                                          

Agli Organi d’informazione

e p.c.: all’Ordine dei Medici di Reggio Calabria

Oggetto: Comunicato stampa

Purtroppo siamo fin troppo abituati ad assistere ad episodi di aggressione verso il personale sanitario, in particolare, presso i Pronto Soccorsi dell’intera provincia – sono diventati casi classici –. L’ultima aggressione registrata, però, è avvenuta presso un servizio di Guardia Medica, e risulta ancora più grave dal momento che coinvolge esclusivamente addetti ai lavori. Da un lato due medici, uno dei quali in servizio di guardia medica, dall’altro, due infermieri, uno dei quali nella veste di utente – presentatosi in condizioni critiche per l’indisponibilità di farmaco salvavita di cui aveva necessità ed urgenza improrogabili -. La questione ha registrato l’intervento delle forze dell’ordine e la denuncia da parte dei medici.

Nei casi classici, e ne potremmo elencare moltissimi, la distinzione fra aggrediti ed aggressori è netta e si palese davanti ad una platea di osservatori – basti pensare all’affollamento dei nostri Pronto Soccorsi -. Possiamo però affermare che, in quest’ultima occasione, gli attori della lite e gli osservatori erano le medesime persone, e che hanno vissuto la questione da punti di vista differenti.

Il nostro Ordine, già prima che venisse chiamato in causa dal Presidente Veneziano, si era già attivato per indagare sull’identità dell’Infermiere coinvolto nella lite – ricordiamo che l’altro, ancorché la compagna di vita, era solo l’accompagnatore – e, una volta individuato, è stato sentito per le vie brevi, in attesa della convocazione ufficiale che gli sarà notificata nei prossimi giorni. Da parte di questo nostro iscritto abbiamo acquisito tutt’altra contrastante versione dei fatti, rispetto a quanto riportato dai giornali locali. Da questa angolazione, infatti, sembrerebbe essere proprio l’Infermiere il soggetto verbalmente aggredito dal Medico di Guardia – una giovanissima donna – supportata da un collega, verosimilmente fuori servizio e, per le informazioni fin qui acquisite, fidanzato della dottoressa (il che, se risultasse vero, inficerebbe, almeno in parte, la terzietà della testimonianza).

Le dinamiche raccontate sono, quindi, assolutamente antitetiche, e, riteniamo, pertanto, che solo gli inquirenti – le forze dell’ordine interessate – che dispongono di risorse, autorità e professionalità specifiche, possono dirimerle, addivenendo, speriamo presto, al vero svolgimento dei fatti.

Quello che non capisco è come abbia fatto, il Presidente dell’Ordine dei Medici – se non il Consiglio tutto – in questa fase, nell’immediatezza dei fatti, ad essere così sicuro che la verità risiedesse nel racconto dei medici e non, come potrebbe emergere, nella ricostruzione degli Infermieri. Solo perché i medici sono stati più veloci a fare denuncia o a chiamare i carabinieri, vuol dire che hanno ragione? O, peggio ancora, hanno ragione solo perché sono medici?

Noi, invece, di una sola cosa siamo sicuri in questo momento. Siamo sicuri che l’accaduto, assai increscioso, ha, con certezza, una sola vittima: la nostra utenza, alla quale chiediamo umilmente scusa, come corpo professionale, indipendentemente dal torto o dalla ragione di chiunque fra le parti in causa.

Dal canto nostro, l’unica rassicurazione che possiamo dare è che, il nostro Ordine, acquisirà la formale dichiarazione dell’Infermiere coinvolto ed aprirà, a suo carico, un procedimento disciplinare che, se non dovessero emergere novità inconfutabili sulle attuali partigiane posizioni, verrà congelato in attesa che la giustizia faccia il proprio corso per adeguarsi, successivamente, alle sue ultimative risultanze. E mi permetterei di consigliare, all’Ordine dei Medici, di procedere allo stesso modo, evitando dichiarazioni parziali e propagandistiche. Sul punto non è superfluo ricordare, ai sigg. medici dell’Ordine reggino, che non molto tempo addietro si è verificato un episodio simile al pronto soccorso di Locri dove, l’aggressore degli operatori sanitari, si qualificò come Medico e, in quell’occasione, nonostante il nostro sprone pubblico, il dr. Veneziano non proferì parola (è stato avviato, in quel caso, un procedimento disciplinare?).

Non sarebbe nemmeno male, e chiudo, se, partendo anche da questo episodio, si cominciasse a ragionare sul sistema di idoneità al servizio di Guardia Medica che, troppo spesso, vede protagonisti giovanissimi laureati senza l’adeguata esperienza umana e professionale. Non sfugge a nessuno come un ragazzino di 25 anni – è questa l’età media di un neolaureato in medicina – ancorché indottrinatissimo ed ammantato nella sua nobilissima coltre bianca, rimanga comunque, anche suo malgrado, un ragazzino di 25 anni.

Quest’ultimo suggerimento/provocazione, di natura personale e di carattere generale, e che prescinde dalla circostanza di cui oggi dibattiamo, il sottoscritto lo esprime con tutto il rispetto e l’affetto possibili, dal momento che fra questi giovanissimi laureati utilizzati per il Servizio di Guardia medica, fino a qualche anno addietro, si annoverava anche il proprio figlio.

 

 

Il Presidente dell’Ordine

delle Professioni Infermieristiche di Reggio Calabria

dr Pasquale Zito