C’è una terza e nuova inchiesta della Procura di Milano, con quattro indagati nella vecchia “mala” milanese vicina alla ‘ndrangheta, sul sequestro a scopo di estorsione che si è concluso con l’omicidio, 47 anni fa, della 18enne Cristina Mazzotti, la prima donna a essere rapita dall’Anonima sequestri al Nord Italia.
I pm milanesi Alberto Nobili e Stefano Civardi, sulla base del lavoro della Squadra Mobile, contestano a quattro persone ritenute legate alla ‘ndrangheta l’omicidio volontario della 18enne, nel presupposto che “segregandola in una buca senza sufficiente aereazione e possibilità di deambulazione, somministrandole massicce dosi di tranquillanti e eccitanti”, ne abbiano “così cagionato la morte” nelle stesse ore in cui il padre pagava il riscatto tra il 31 luglio e l’1 agosto 1975.
Si tratta di Demetrio Latella, Giuseppe Calabrò, Antonio Romeo e Antonio Talia, che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
La giovane Mazzotti fu rapita la sera del’1 luglio 1975 fuori dalla sua villa di Eupilio, in provincia di Como. Al padre della ragazza, Helios, furono chiesti 5 miliardi di lire di riscatto e dopo un mese l’uomo racimolò 1 miliardo e 50 milioni che pagò.
Il primo settembre del ’75 una telefonata anonima indicò ai carabinieri di scavare in una discarica di Galliate (Novara), e lì fu ritrovato il cadavere. Cristina era stata uccisa da un cocktail di farmaci.
Un primo processo si concluse a Novara con 13 condanne di cui otto ergastoli a carico di fiancheggiatori ma non degli esecutori materiali del sequestro finito in omicidio. (ANSA)