Il rito funebre di Giuseppe Barbaro, 54 anni, ritenuto appartenente alla omonima cosca di ‘ndrangheta di Platì, morto all’ospedale civile di Vibo Valentia il 20 ottobre, era stato annunciato per ieri 23 ottobre. Le esequie, presso la Chiesa Matrice Maria SS. di Loreto alle ore 11. Il Questore di Reggio Calabria Raffaele Grassi con propria ordinanza aveva disposto però, “considerati i trascorsi giudiziari e lo spessore criminale del defunto, a garanzia dell’ordine e della sicurezza pubblica, il divieto dei funerali in forma pubblica e solenne, consentendo la partecipazione alle esequie solo dei più stretti congiunti”. L’ordinanza è stata applicata alla lettera e così, alle ore 5.00 il parroco padre Giuseppe Svanera si è presentato nell’abitazione del defunto per benedire la salma. Un corteo di soli familiari verso il cimitero dove il feretro è giunto alle 5.45 e quindi la tumulazione alla presenza discreta delle Forze dell’Ordine (Carabinieri e Polizia di Stato) e quindi la benedizione del loculo da parte del parroco che aveva atteso all’esterno del cimitero.
La famiglia, come detto, aveva annunciato la messa nella Chiesa Madre ed è stato così che padre Giuseppe in occasione della Messa domenicale, ha rivolto anche una preghiera per il defunto Giuseppe Barbaro e ha offerto conforto ai parenti presenti. Chiesa stracolma, centinaia di persone all’esterno, in attesa di salutare i familiari cosa che si è protratta oltre le ore 13.00.
Il ricorso di padre Giuseppe però era stato visionato dal Vescovo della Diocesi Mons. Francesco Oliva il quale dopo la Messa si è incontrato in canonica con il parroco per sincerarsi della vicenda e delle motivazioni che avevano spinto il sacerdote a esporre al Ministro il proprio pensiero sull’Ordinanza. Dei contenuti dell’incontro non è dato sapere, resta viva la motivazione esposta da padre Giuseppe: “l’ordinanza del Questore ha infranto il principio di non ingerenza tra Stato e Cjhiesa nell’ambito delle rispettive sfere di autonomia, di cui all’art. 7 della Costituzione e di libertà religiosa anche nel contesto sociale di cui agli art. 17 e 19 della Carta Costituzionale”, citando a supporto del principio costituzionale che “i Giudici della Quinta Sezione del TAR della Campanioa con sentenza n. 28168/2010 hanno evidenziato che «le funzioni e cerimonie religiose» possono essere vietate dal Questore per motivi di ordine pubblico, ai sensi dell’art. 26 R.D. n. 773/1931, solo se si tratta di «quelle praticate fuori dai luoghi destinati al culto», i Giudici vanno oltre, e sottolineando che il legislatore del TUPLPS ha ritenuto sufficientemente tutelato l’ordine e la sicurezza pubblica dalla previsione della possibilità del Questore di vietare il «trasporto funebre in forma solenne» e di stabilire «speciali cautele» riguardanti lo stesso trasporto funebre per le vie cittadine, mentre, al di là di tale potere, lo stesso legislatore non ha ritenuto che il Questore possa spingersi, adottando ordini e comminando divieti su dove, come e quando celebrare la funzione religiosa in Chiesa; per cui il provvedimento di divieto questorile, integra un illegittimo impedimento e limitazione allo svolgimento dell’ordinario rito funebre in forma pubblica previsto dal rito cattolico, consistente nella celebrazione in Parrocchia, all’interno di un edificio adibito esclusivamente al culto cattolico e sottoposto alla giurisdizione della Santa Sede, di una messa esequiale alla presenza di tutti i parenti e gli amici del defunto e della comunità dei fedeli” e, pertanto chiedendo la modifica del provvedimento impugnato per la parte “identificazione del luogo ove svolgere i funerali” al fine di garantire la libera scelta dei familiari del defunto di poter scegliere il luogo dove poter svolgere il rito funebre”. (Nella foto padre Giuseppe Svanera, parroco di Platì).

Domenico Agostini

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