Ci sono piatti della cucina popolare che per tradizione vantano origini e itinerari storico-culturali pressoché certi, definiti. Con ricette che nel corso dei secoli sono diventate esclusivi patrimoni etno-gastronomici. Con sapori e odori che non possono essere capiti ma solo de-gustati.
Poi ci sono ricette meno certe diffuse in un territorio più o meno vasto, e replicate con semplici varianti che però fanno la differenza. Varianti e differenze che permettono di andare al di là del gusto e dei gusti.
E poi ci sono quei piatti della cucina forse solo un tempo popolare che, oltre ad essere un esclusivo patrimonio etno-gastronomico locale, sono anche varianti di una variante. Come il Morzello di Baccalà di Catanzaro.
Un inciso, il piatto principe della cucina tradizionale catanzarese è il Morzello a base di frattaglie di vitello e da mangiare nella pitta. Da qui il Morzello di Baccalà di Catanzaro come variante di una variate.
E allora Catanzaro, l’attuale capoluogo della Regione Calabria e capoluogo storico dell’antica provincia di Calabria Ultra, nel territorio conosciuto anche come Costa degli aranci. Città che si affaccia sul golfo di Squillace conosciuta anche come la città dei tre colli, dei due mari, delle tre V (San Vitaliano, il Vento e il Velluto). Più una, quella delle varianti.
Pare che baccalà e stocco (entrambi ricavati dal merluzzo bianco, uno conservato sotto sale l’altro essiccato all’aria aperta) siano arrivati in Italia dalla Norvegia già nella seconda metà del XVI secolo a bordo di navi che approdavano nei porti di Genova, Venezia, Napoli, e da Napoli in Calabria facendo tappa nel porticciolo di Pizzo. Erano altri tempi, era il tempo del Regno di Napoli.
Mi piace pensare che in quel tempo, e in breve tempo, baccalà e stocco diventarono provviste essenziali per numerose famiglie calabresi da acquistare presso i mercati locali.
Così, per via della facilità di trasporto, della conservazione a lungo tempo, dell’importante apporto proteico, nonché per la bontà del sapore, baccalà e stocco guadagnarono uno spazio privilegiato nella cucina popolare regionale come ingredienti base per diverse ricette. Ricette in breve tempo destinate a diventare tradizionali. Ricette addirittura da consumare in occasioni rituali come la vigilia di Natale o il venerdì Santo.
Lavorazioni…
Bene, notizie storiche ci dicono che agli inizi del XIX secolo raffinate lavorazioni di stocco erano già presenti a Mammola. Lavorazioni tramandate ancora oggi con tecniche completamente artigianali, e Cittanova, considerata la capitale italiana della cucina dello stocco e del baccalà.
E allora, esiste una ricetta diffusa più o meno in tutta la Calabria, ovunque tipica ovviamente e con le dovute varianti dove all’uso del baccalà si alterna quello dello stocco. Come lo Stocco alla mammolese, cioè il piatto tipico di Mammola preparato nella tiana (un recipiente di terracotta). La ricetta prevede l’uso dello stocco con patate, pomodori, olio extravergine d’oliva, cipolla, olive, peperoni essiccati, sale.
E ancora, il Baccalà alla cosentina, cioè uno dei piatti tipici di Cosenza, dove si usa il baccalà con pomodori, patate, olive nere, peperoni, alloro, prezzemolo e sale. Ricetta non troppo diversa da quella tipica Catanzarese.
Si potrebbe continuare quasi all’infinito, però esiste almeno una ricetta con il baccalà che si differenzia da tutte le altre, una variante di altre varianti che non si trova in alcun altro posto. Stiamo parlando del Morzello di baccalà di Catanzaro.
Il Morzello di baccalà di Catanzaro
Nella ricostruzione storica che già conosciamo, nulla toglie che il baccalà dapprima dalla Norvegia, poi da Napoli, e in seguito da Pizzo, sia arrivato finalmente a Catanzaro. Magari grazie a commercianti locali che lo vendevano, magari, a prezzo contenuto al ricco mercato cittadino. Qui una donna evidentemente lo comprò facendolo diventare, quasi per magia, uno dei piatti tipici locali.
La magia sta nel fatto che quella donna, poniamo si chiamasse Rosa, evidentemente sapeva che bisognava trattare il baccalà con l’acqua corrente per fargli perdere il sale di conserva. Così, perso il sale, il baccalà dovette apparirle carnoso, con una consistenza talmente affascinante che suggerì alla donna di spellarlo. Levargli le spine. Ridurlo in tocchi. E infine cuocerlo esattamente come il principe dei piatti catanzaresi, il Morzello.
E così fu… anche perché le due ricette sono pressoché identiche, e anche il modo di mangiarlo. E’ solo una questione di varianti.
La ricetta e la preparazione del Morzello di baccalà di Catanzaro
Come sappiamo, e come possiamo facilmente immaginare, il Morzello di baccalà di Catanzaro era un tempo consumato nelle case del popolo. Era un piatto popolare, democratico, così come la maggior parte dei piatti presentati la domenica a pranzo a casa delle nostre nonne, per chi è fortunato ad averle ancora.
E allora, tutti sapevano, e continuano a saperlo, che prima di cucinare il Morzello di baccalà è di vitale importanza acquistare la pitta. Un caratteristico pane catanzarese a forma di ciambella con poca mollica e dalla crosta croccante e spugnosa capace di mantenere il sugo.
E questo perché il Morzello di baccalà di Catanzaro si può mangiare solo in due modi: nella pitta o con la pitta, una terza chance non è concessa.
Ingredienti:
- Acqua
- Baccalà
- Concentrato di pomodoro
- Olio extravergine di Oliva
- Cipolla
- Origano
- Alloro
- Peperoncini piccanti
- Sale
Preparazione:
La preparazione del Morzello di baccalà di Catanzaro, o meglio l’idea di prepararlo e quindi mangiarlo dura qualche giorno. E questo perché è necessario dissalare il baccalà in acqua fredda per 3 o 4 giorni cambiando costantemente l’acqua.
In effetti, sarebbe meglio dissalare il baccalà in acqua corrente così come suggeriscono le donne di un tempo.
A questo punto è necessario spellare il baccalà, spinarlo e tagliarlo a tocchi più o meno grandi qualche centimetro. Intanto bisogna soffriggere la cipolla nell’olio con il peperoncino e di seguito aggiungerci la passata di pomodoro.
A temperatura raggiunta è sufficiente mettere nel sugo qualche foglia di alloro, un rametto di rosmarino e i tocchi di baccalà per lasciarlo cuocere a fuoco lento per qualche ora.
Alcuni preferiscono far saltare i tocchi di baccalà nel soffritto, mia nonna usava la tecnica del tuttu paru, cioè tutto insieme. Così è sufficiente rimestare il tutto di tanto in tanto, rigorosamente con un cucchiaio di legno, e all’occorrenza aggiungere acqua calda e sale se serve.
Il Morzello di baccalà di Catanzaro, una variante di varianti
Il Morzello di baccalà di Catanzaro è un esclusivo patrimonio etno-gastronomico locale evidentemente diversamente buono dal fratello maggiore. Il piatto principe della cucina popolare catanzarese: il Morzello, quello di interiora di carni vaccine per intenderci.
Alcuni, addirittura, ritengono che il Morzello di baccalà a Catanzaro si debba mangiare per tradizione il venerdì Santo. Giorno in cui è interdetto il consumo di carne. Altri, invece, smentiscono la prescrizione.
In ogni modo, a differenza del fratello maggiore, non si mangia come spuntino esattamente come suo cugino il Soffritto di male, e non ha una leggenda di fondazione. Però, è diversamente buono, forse, anche perché è una variante di diverse varianti.
E sicché è una variante, per il Morzello di baccalà di Catanzaro è concesso anche inventarsi una leggenda, immaginare un consumo rituale, aggiungere un po’ di sale in più e addirittura mangiarlo nel piatto… ma rigorosamente con la pitta, quel generoso pane che solo a Catanzaro si può trovare.
A presto, Sergio.