Dalle 13 è in corso l’informativa urgente del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi alla Camera.

Il titolare del Viminale sta riferendo sulla strage di Cutro, così come chiesto dall’opposizione, ricostruendo i primi momenti dell’emergenza.

Ma prima Piantedosi ha voluto spendere qualche parola per ringraziare la Calabria e i calabresi della “dignità e compostezza” con la quale hanno affrontato la tragedia.

Intorno alle 4 di domenica “sull’utenza di emergenza 112 giunge una richiesta di soccorso telefonico da un numero internazionale che veniva geolocalizzato dall’operatore della Centrale operativa del Comando provinciale dei Carabinieri di Crotone e comunicato, con le coordinate geografiche, alla Sala Operativa della Capitaneria di Porto di Crotone. È questo il momento preciso in cui, per la prima volta, si concretizza l’esigenza di soccorso per le autorità italiane”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, nella sua informativa alla Camera sui fatti di Cutro. Nei momenti immediatamente precedenti al naufragio la navigazione “era proseguita fino alle 3.50, allorquando – continua il ministro – a circa 200 metri dalla costa, erano stati avvistati dalla barca dei lampeggianti provenienti dalla spiaggia e a quel punto gli scafisti, temendo la presenza delle forze dell’ordine lungo la costa, effettuano una brusca virata nel tentativo di cambiare direzione per allontanarsi dal quel tratto di mare. In quel frangente, la barca, trovandosi molto vicino alla costa ed in mezzo ad onde alte, urta, con ogni probabilità, il basso fondale (una secca) e per effetto della rottura della parte inferiore dello scafo, comincia ad imbarcare acqua”.

Nella sua informativa alla Camera, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha ricostruito, ora per ora, il viaggio dei migranti finito in tragedia a Cutro citando anche il racconto dei sopravvissuti. “La traversata parte da Cesme, in Turchia, intorno alle 3.00 del 22 febbraio in condizioni metereologiche ottimali: condizioni che, tuttavia, dopo 2 o 3 giorni peggiorano – spiega il ministro citando i superstiti – Secondo il loro racconto, a bordo dell’imbarcazione erano presenti circa 180 persone, oltre a 4 scafisti, due turchi e due pakistani”. “Tre ore dopo l’inizio della navigazione, un guasto al motore dell’imbarcazione induce due scafisti a contattare, tramite cellulare, un complice – continua -. Dopo altre tre ore di attesa, i migranti sono raggiunti da una seconda imbarcazione, pilotata da altri tre scafisti. Dopo il trasbordo dei migranti, la navigazione prosegue verso le coste italiane. Sempre sulla base del racconto dei sopravvissuti, la barca giunta in sostituzione aveva due motori MAN entro-bordo. I migranti notano che gli scafisti dispongono di telefono satellitare e di un apparecchio che sembrava di tipo ‘Jammer’ ovvero in grado di inibire la trasmissione e la ricezione di onde radio. Inoltre, quando l’imbarcazione incrocia davanti alle coste elleniche, gli scafisti sostituiscono la bandiera turca con quella greca. Durante la navigazione, sempre stando alla narrazione dei migranti, gli scafisti li costringono a restare sotto coperta, facendoli salire sul ponte solo pochi minuti per prendere aria”.

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