Era il luglio dello scorso anno quando il tristemente noto, per la sanità calabrese, commissario Scura emanò il DCA n. 64/2016 che ridisegnava, tra l’altro, i punti nascita dell’intera provincia e, conseguentemente , l’assistenza alle gestanti.
Se da un lato è stata applicata la norma nazionale che definisce il target dei parti per singola unità operativa affinchè si possano erogare servizi in piena ed assoluta sicurezza, è altrettanto vero che la chiusura di due, su cinque, punti nascita della provincia, dovevano essere accompagnati e supportati da un serio progetto di riordino che prevedesse l’adeguamento di posti letto e di personale necessario alla bisogna alla luce delle mutate esigenze. Invece, niente di tutto questo! A due strutture private è stato revocato l’accreditamento ma il servizio pubblico che, inevitabilmente, si doveva e si deve fare carico della situazione, non è stato messo in condizione di affrontare l’aumentata domanda. Il numero delle gestanti che si rivolgono agli unici punti nascita pubblici (Locri, Polistena e Reggio Calabria) è più che raddoppiato. Tutte queste cose, senza voler essere “Cassandra”, erano state oggetto di conferenza stampa (Reggio Calabria presso gli OO.RR.), che la scrivente OO.SS. tenne nell’imminenza dell’emanazione del DCA 64/2016 e successivamente al caso “mala sanitas”, ma che non trovo seguito ed adesione.
In questo quadro si inserisce la situazione dell’ostetricia e ginecologia degli Ospedali Spoke, Polistena e Locri, che, quotidianamente, devono far fronte all’aumentata richiesta di prestazioni alle gestanti. Non è infrequente l’intervento della forza pubblica, presso il P.O. di Polistena, che deve intervenire o per spiegare il diniego al ricovero o per sedare possibili “liti” che insorgono. Non tralasciando che l’esiguo numero di posti letto spesse volte costringe a ricoveri su barelle!! A questa scarna dotazione di posti letto si deve aggiungere che il numero di personale (medico e non ) è lo stesso di prima con l’aggravante che manca il direttore di struttura complessa pur essendo trascorsi circa quindici mesi dal collocamento in pensione del titolare. E se prima si faceva fronte a circa 700 parti all’anno, per la singola U.O.., questo numero, di questo passo, sarà raggiunto nei prossimi tre mesi per arrivare a circa 1300 parti nel corso del corrente anno per ogni unità operativa (totale 2600 parti). Condizioni tutte con evidenti implicazioni di rischio in termini igienico-sanitari e di sicurezza, sia per le degenti che per gli operatori.
Tutto questo nel mentre protocolli operativi, linee guida nazionali e regionali in merito ai punti nascita dettano norme che includono la fase del travaglio, la degenza vera e propria e prevedano anche le caratteristiche strutturali degli ambienti, definendo percorsi precisi da seguire (sporco-pulito) sino alle necessarie presenze degli operatori nelle varie fasi.
I finanziamenti per i “famosi processi di umanizzazione” negli ospedali o le risorse dilapidate in mille rivoli potrebbero e dovrebbero essere finalizzati e canalizzati in interventi tesi al raggiungimento della sicurezza del paziente e quindi degli operatori ora e subito, lasciando da parte voli pindarici e chimere che in quanto tali sono aleatorie, mentre le popolazioni dei due terzi della provincia (Piana e Locride) hanno bisogno di certezze e di risposte immediate, lasciando alla programmazione il futuribile.
Si rimane in attesa di sollecito riscontro.
La segreteria Provinciale
*Nicola Simone *Francesco Politanò