Campo Calabro (Reggio Calabria). Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, nel corso di un’ordinaria attività di controllo economico-finanziario del territorio condotta d’iniziativa, hanno individuato un sito in cui erano illecitamente detenuti e maltrattati oltre 50 esemplari di volatili di specie protette, nonché una consistente quantità di oggetti e attrezzature necessarie e funzionali all’espletamento delle illecite attività di bracconaggio e uccellagione, deferendo alla locale A.G. un soggetto responsabile (G.C., cl’ 41).
In particolare, in agro di Campo Calabro (RC), i finanzieri della Compagnia Reggio Calabria ponevano in essere apposite e dedicate attività di osservazione e appostamento che consentivano di individuare un bracconiere, privo di licenza di caccia, intento a esercitare illecitamente l’attività di uccellagione.
Più nello specifico, il soggetto in questione veniva colto in flagranza di reato mentre, nascosto dietro una serie di rovi, comandava una rete di cattura puntellata con lunghi picchetti d’acciaio e collegata a una corda che giungeva fino al nascondiglio in cui si trovavano gli animali, potenziali future vittime di questa pratica di caccia illecita.
Nelle immediate vicinanze del sito in questione risultavano, infatti, trovarsi nr. 7 gabbie, poste su appositi paletti e contenenti ciascuna un volatile, appartenente a specie “particolarmente protetta”, utilizzato per richiamare, traendoli in inganno, quelli ancora in libertà: venivano così ritrovati, complessivamente, nr. 4 cardellininr. 2 verdoni e nr. 1 ibrido di cardellino/canarino.
Inoltre, all’interno di un borsone anch’esso rinvenuto nella circostanza, in una gabbia ben più grande, venivano scoperti dai finanzieri ulteriori nr. 4 verdoni e nr. 11 verzellini, ovvero il parziale “frutto” dell’illecita caccia praticata in quella giornata, interrotta, però, dall’inaspettato intervento dei militari.
Sulla base di quanto individuato, i militari operanti effettuavano, d’iniziativa, delle perquisizioni nell’abitazione del bracconiere e nelle pertinenze a lui in uso: nel corso delle attività di ricerca venivano ritrovate, in un rustico adiacente all’abitazione, numerose gabbie appese ai muri.
Le gabbie, tutte di ridottissime dimensioni, arrugginite e sporche, ospitavano, in condizioni precarie, inadeguate e incompatibili con la natura degli animali che contenevano, complessivamente, ulteriori nr17 cardellininr. 1 ibrido di cardellino/canarinonr. 1 verdone e nr. 1 verzellino.
Proseguendo nelle attività di ricerca, in un’intercapedine realizzata tra l’abitazione e un terreno di proprietà del bracconiere, nelle medesime pessime condizioni, venivano altresì ritrovate ulteriori gabbie contenenti nr. 4 verdoni e nr. 7 verzellini.
Le attività di perquisizione consentivano, altresì, di rinvenire tutta una serie di oggetti e attrezzi indispensabili e funzionali all’attività di bracconaggio, tra cui reti di catturapuntelli in metallorichiami elettronici (comprensivi di batterie e casse), lenze e corde.
Anche in ragione dell’elevata specificità del segmento operativo in argomento, le attività venivano condotte con l’efficace e preziosa collaborazione del personale dell’associazione anti-bracconaggio C.A.B.S., importante realtà composta da un nucleo speciale anti-bracconaggio formato da volontari esperti.
In tale scenario, visto lo stato di detenzione degli animali ritrovati, i finanzieri interessavano il personale tecnico-veterinario dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria che, intervenuto sul luogo delle operazioni, constatava le inadeguate modalità di custodia di tutti gli animali citati, nonché di 9 canarini che, benché di lecita detenzione, venivano anch’essi sottoposti a sequestro, poiché, come gli altri, detenuti in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.
Il personale veterinario dell’A.S.P., inoltre, constatava, in particolare, il maltrattamento di un verdone, utilizzato come zimbello (richiamo) per l’attività di uccellagione: l’animale, infatti, presentava una imbracatura fatta artigianalmente con dello spago, che passava dal collo alle ali ed era annodata all’altezza dello sternoche veniva utilizzata per forzarlo a volare in modo da attirare così gli altri volatili, provocandogli forte stress e costringendolo a vivere in condizioni innaturali.
Tutta la fauna e le attrezzature scoperte dai militari operanti venivano così poste sotto sequestro, mentre il bracconiere veniva denunciato alla locale Procura della Repubblica presso il locale Tribunale per i reati di furto aggravato (commesso nei confronti della fauna, considerata patrimonio indisponibile dello stato), maltrattamento e abbandono di animali e uccellagione.
Le varie specie animali venivano, quindi, condotte presso l’Associazione Mediterranea per la natura – Centro di recupero fauna selvatica “Stretto di Messina”, ove la responsabile della struttura, dopo aver sottoposto singolarmente a visita le specie protette sottoposte a sequestro, su disposizione del P.M. di turno costantemente aggiornato circa le operazioni di P.G. in corso, attivava, per i volatili in buona salute, le c.d. “procedure di liberazione”, prendendo in carico per le cure necessarie quelli di cui non era possibile la liberazione, disponendo, al contempo, l’affidamento delle specie nate e cresciute in cattività.
Nell’ambito delle azioni di intervento finalizzate alla tutela e alla salvaguardia dell’ambiente e degli ecosistemi, il Corpo della Guardia di Finanza opera costantemente, nel più generale ambito del controllo del territorio, in vista della preservazione di tutte le specie di fauna che costituiscono patrimonio inestimabile dello Stato italiano, nonché dell’intera regione mediterranea.