Emergono nuovi particolari sull’omicidio di Marcello Bruzzese, freddato in via Bovio a Pesaro la notte di Natale mentre rientrava a casa.

Dopo appena tre giorni emerge la testimonianza di una di 45enne che sarebbe stata risparmiata dal blitz.

La donna, fuori casa con il cane, avrebbe visto i killer, ma non sarebbe capace a identificarli.

I due, infatti, portavano un cappello e avevano il bavero della giacca alzato, inoltre la strada era particolarmente buia.

La presunt la testimone li avrebbe incrociati proprio in via Bovio, dove la donna avrebbe intravisto le pistole e poi i due con le braccia tese a sparare contro Bruzzese.

Dopo aver visto i sicari scappare verso via Cairoli, la 45enne è fuggita verso il corso dove ha chiesto aiuto.

La donna , presentatasi agli inquirenti ai quali ha raccontato i fatti avrebbe riferito di non aver visto i killer.

Elemento questo che fa supporre che prima che si scatenasse il fuoco e durante la manovra di parcheggio per entrare nel garage da parte di Marcello Bruzzese, i due si sarebbero nascosti nell’anfratto dell’uscio di casa, al 28 di via Bovio, dove c’è una rientranza.

Quando i killer hanno sentito spegnere il motore, sono usciti dal buio iniziando a sparare e rimanendo nella via.

Venti e più colpi fino a quello che ha attino alla testa la vittima, un bossolo è stato difatti trovati a terra, nel garage, accanto alla portiera semiaperta da dove spuntava la gamba sinistra di Bruzzese.

Tuttavia gli inquirenti hanno acquisito le immagini del sistema di video sorveglianza in cui sembra si vedano gli assassini mentre risalgono al buio via Bovio per poi sparire in cima a via Cairoli.

Bruzzese, fratello di Biagio Girolamo, collaboratore di giustizia, si trovava a Pesaro dove godeva di un minimo dispositivo di protezione, dal momento che il suo nome era posto adirittura sulla cassetta delle lettere.

L’uomo, come parte del resto della famiglia, godeva inoltre di protezione economica, ovvero riceveva uno stipendio da parte dello stato.

Ora bisognerà capire come l’informazione sia uscita e cosa abbia provocato la falla nel sistema.

Nel frattempo per gli inquirenti è credibile che l’ordine di uccidere Bruzzese sia partito dalla Calabria. L’ipotesi che il mandato di morte contro Bruzzese sia maturato in Calabria e che i due esecutori materiali dell’omicidio provenissero proprio da questa regione viene ritenuta “assolutamente fondata”.

E i contatti tra le Procure antimafia di Reggio Calabria e di Ancona hanno lo scopo di ricostruire la personalità della vittima e del fratello, oltre che di verificare le modalità organizzative ed esecutive dell’uccisione di Marcello Bruzzese, che era a tutti gli effetti un collaboratore di giustizia, anche se non coperto da anonimato.

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