Sei persone sono state fermate a Torino e nell’area metropolitana con l’accusa di associazione mafiosa, ricettazione, estorsione aggravata e detenzione illegale di armi. L’operazione, denominata Factotum, della guardia di finanza del capoluogo piemontese, con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma, sotto il coordinamento e su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia torinese, ha portato all’esecuzione del provvedimento di fermo degli indagati, grazie ad accertamenti compiuti anche attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e attività di osservazione. Le attività investigative hanno consentito agli inquirenti di scoprire il sodalizio legato alla ‘ndrangheta, radicato in particolare nella zona di Carmagnola, dedito alla ‘protezione’, recupero crediti, intermediazione di manodopera e ingerenza nei rapporti tra imprese del settore edile, operai, sindacati di categoria e cassa edile. Tra gli indagati c’è anche un sindacalista del settore edile. Personaggio centrale per gli investigatori un altro dei fermati, già implicato nell’inchiesta ‘Minotauro’, riguardante l’insediamento della ‘ndrangheta nel Torinese e in Piemonte. Secondo l’accusa l’uomo sarebbe un dirigente e organizzatore della rete della mafia calabrese, ancora operativa sul territorio. Una figura di spicco che avrebbe partecipato a incontri della criminalità organizzata in cui venivano stabile alleanze e spartizioni del territorio. Inoltre era un riferimento per i criminali comuni che prima di agire chiedevano il suo consenso.
Dalle indagini, avviate dopo le operazioni Carminius e Fenice che, nel 2019, avevano consentito di disarticolare un’articolazione ‘ndranghetista, legata ai clan di Vibo Valentia, che operava nel Torinese, è emerso che l’organizzazione forniva su Carmagnola protezione a imprenditori che pagavano sotto intimidazione. Il denaro veniva poi utilizzato per finanziare le spese legali dei presunti associati al sodalizio e alle loro famiglie. Un altro indagato, affiliato alla ‘ndrangheta sin dal 2003 non solo ha favorito lo scambio di comunicazioni inerenti all’attività del gruppo criminale, organizzando incontri con altri appartenenti, ma ha anche concordato con altri sodali, citati quali testimoni in udienze per un processo riguardante delitti di matrice ‘ndranghetista, termini e modi per rendere falsa testimonianza, al fine di screditare un collaboratore di giustizia. L’uomo, in un caso specifico, facendo valere la propria appartenenza all’organizzazione, ha costretto una persona a consegnargli beni preziosi, per un valore complessivo di circa 20 mila euro. Destinatario del fermo è anche un detenuto, in carcere per essere stato giudicato in via definitiva per avere fatto parte nel recente della ‘ndrangheta piemontese. Costui oltre a partecipare agli incontri tra i membri dell’organizzazione della ‘ndrangheta del Piemonte e a risultare protagonista di vicende estorsive, si è adoperato per fornire sostegno finanziario e assistenza logistica a favore di un latitante ritenuto appartenente di spicco di una cosca del vibonese.
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