Ci sarebbe una vera e propria associazione mafiosa di stampo ‘ndranghetistico dietro al maxi blitz che questa mattina ha portato all’arresto, in diverse località italiane, di 202 persone, tra cui spicca anche il nome del sindaco di Rende oltre che presidente dell’Anci Calabria, Marcello Manna, finito ai domiciliari .

Una operazione eseguita dai Carabinieri del Comando di Cosenza, dalle Squadre Mobili del capoluogo bruzio e di Catanzaro, dal Servizio Centrale Operativo di Roma, della Polizia Valutaria di Reggio Calabria, dalla Guardia di Finanza di Cosenza e dal Gico di Catanzaro, con il coordinamento dello Scico di Roma e della Dda del capoluogo di regione.

Gli inquirenti ritengono di aver raccolto dei gravi indizi e di poter sostenere la sussistenze di reati che spaziano dal traffico di stupefacenti all’organizzazione illecita di attività di gioco e scommesse (anche d’azzardo), passando per riciclaggioautoriciclaggiotrasferimento fraudolento di beni e valori. Il tutto aggravato dalle modalità e dalle finalità mafiose.

Si tratta dell’esito di una imponente attività di controllo del territorio, eseguita sia con modalità tradizionali – dunque con appostamenti – che con attività tecniche, tramite l’acquisizione delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia ed il riscontro di precedenti procedimenti penali.

LA GESTIONE DEI CLAN

Alla base dell’indagine vi sarebbe l’attuale contesto delle organizzazioni criminali operanti nel cosentino, a seguito di un periodo di “riorganizzazione” e rimodulazione degli equilibri sui territori dovuti all’ingresso di nuovi “capi” e gregari delle storiche consorterie criminali.

Secondo gli investigatori tutti i gruppi operanti nell’hinterland bruzio sarebbero “confederati” in due grandi realtà criminali, denominate rispettivamente il clan degli italiani ed il clan degli zingari.

Entrambi i gruppi – i cui membri sono stati già interessati da numerose indaginiinchieste e processi – avrebbero garantito un articolato funzionale sistema di spaccio diffuso, capace di garantire sostanze stupefacenti di ogni tipo.

Questo sarebbe stato operato dai vari sottogruppi criminali, gestiti a loro volta dal cosiddetto “sistema” di riferimento.

NON SOLO DROGA

Agli indagati sono contestati, a vario titolo, anche i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, tentate estorsioni, reati in materia di armirapina, tentato omicidiolesioni aggravate, usura ed esercizio abusivo di attività finanziaria.

Ma non solo: contestato anche l’impiego di telefoni cellulari da parte di detenuti in carcere, e anche lo scambio elettorale politico-mafioso, le truffe per l’ottenimento di erogazioni pubbliche, reati contro la pubblica amministrazione (nel dettaglio la turbata libertà degli incanti, corruzione, violenza o minaccia a pubblico ufficiale), violenza o minaccia per costringere alla falsa testimonianza, intestazione fittizia di beni.

Il gruppo inoltre sarebbe stato particolarmente dedito al riciclaggioautoriciclaggio, reimpiego di proventi illeciti, alla ricettazione, tornando poi ai reati collegati al mondo della droga (marijuana, hashish, cocaina ed eroina).

Di particolare rilevanza, infine, l’organizzazione illecita del gioco d’azzardo: realtà possibile grazie alla presunta commistione con alcuni imprenditori legati al settore del gaming.

I COINVOLTI

Sono 202 i soggetti al momento indagati: per 139 è stato disposto l’arresto ed il carcere; in 50 finiscono agli arresti domiciliari; per 12 previsto l’obbligo di dimora; mentre per uno degli indagati è scattata l’interdittiva dall’attività professionale.

Il Pm ha inoltre disposto il sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di 72 milioni di euro, comprendente: 78 fabbricati, 44 terreni, 57 quote di partecipazione in attività commerciali e produttive, 39 complessi aziendali, 20 ditte individuali e 7 associazioni.

Notevole anche il “parco mezzi” sequestrato, composto da uno yatch, un aereo ultraleggero, un’imbarcazione, 70 auto e 7 moto.

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