La DIA di Bologna, coordinata dal Procuratore della Repubblica dott. Giuseppe Amato e dal Sostituto dott.ssa Beatrice Ronchi, ha dato esecuzione a provvedimenti di perquisizione e sequestro a carico di diversisoggetti criminali (attività nata come sviluppo investigativo dell’indagine AEMILIA), che ha consentito di individuare un’operazione fraudolenta con cui l’organizzazione ‘ndranghetistica emiliana, in concorso con esponenti della cosca “Grande Aracri” di Cutro, ha realizzato un’ingente truffa ai danni del Ministero dell’Economia e Finanze (c.d. “Affare Oppido”).
Nello specifico, sulla base di una sentenza falsificata, attestante un inesistente diritto risarcitorio, il predetto Dicastero accreditò, nel mese di luglio del 2010, una somma di oltre due milioni di euro, ad una società riconducibile ad una famiglia di imprenditori edili calabresi, da anni trapiantati nella provincia di Reggio Emilia e contigui al sodalizio ‘ndranghetistico emiliano.
L’affare truffaldino, ideato da un faccendiere avvocato napoletano, era stato prospettato alla ‘ndrangheta emiliana, la quale aveva individuato un’impresa che presentasse idonee caratteristiche strutturali in funzione del notevole rimborso che sarebbe derivato dall’attività delittuosa. Tale operazione, ricostruita a fronte delle dichiarazioni rese dai “collaboratori di giustizia” del processo AEMILIA, ha visto coinvolti diversi esponenti di vertice del sodalizio ‘ndranghetistico emiliano e della cosca “Grande Aracri” di Cutro, con la complicità di altri soggetti e professionisti.
Le operazioni si sono svolte nella provincia di Reggio Emilia e nelle regioni Lombardia, Lazio, Campania e Calabria ed hanno visto impegnato il personale della DIA di Bologna, Firenze, Milano, Roma, Napoli e Catanzaro.
A conclusione delle suddette attività, anche attraverso un’analisi di polizia giudiziaria volta a svelare l’esistenza di articolate operazioni di occultamento di beni immobili e quote societarie (anche attraverso operazioni di esterovestizione in Costa d’Avorio e in Inghilterra), è stato sequestrato un patrimonio consistente in beni mobili ed immobili per un valore complessivo di 2 milioni e 300 mila euro, ricondotto a taluni indagati attraverso accertamenti patrimoniali svolti dalla DIA di Bologna.