La mafia al Nord non è silente. La mafia al Nord si sente, eccome. Utilizza metodi violenti, aggressioni e sopraffazioni. Sono i dati di fatto che emergono dal maxi-blitz contro la ‘ndrangheta che ha portato all’arresto di 24 persone. Le indagini sono partite dall’inviduazione di Ignoto 23, uno dei partecipanti al summit “Falcone e Borsellino” avvenuto il 31 ottobre 2009 a Paderno Dugnano, nel milanese. Risponde al nome di Fortunato Calabrò. Insieme ad altri sodali della ‘locale’ di Limbiate e di quella di Mariano Comense, avrebbe cercato di espandere il controllo territoriale della ‘ndrangheta a Cantù, nel comasco. Nella piazza principale del paese, piazza Garibaldi, secondo la ricostruzione resa nota da Alessandra Dolci, Procuratore della Distrettuale Antimafia, il gruppo pestava gli avventori dei locali e pretendeva consumazioni gratuite. Il titolare di uno dei locali presi di mira un giorno si stanca e decide di denunciare i fatti. Ma non ai carabinieri, bensì ad altri ‘ndranghetisti, per paura di ritorsioni. Va nel locale gestito dalla famiglia di Giuseppe Morabito e si lamenta dei suoi parenti che devastano il suo locale. Pochi giorni dopo ritornano, fanno delle ordinazioni al bancone e con una manata buttano tutto a terra in segno di sfida. Il gruppo responsabile di queste violenze è stato fermato con il maxi-blitz di stamattina. Le indagini sulla ‘locale’ di Mariano Comense avevano portato a evidenziare anche un sodalizio finalizzato a importazione, stoccaggio e commercializzazione di ingenti quantitativi di cocaina, anche in partite di 50 chilogrammi l’una. I trafficanti, molti dei quali originari di San Luca, in provincia di Reggio Calabria, custodivano armi di vario calibro a Cabiate, nel comense, in un appartamento utilizzato da vero e proprio quartier generale. Durante le indagini sono stati arrestate in flagranza di reato due persone, e sequestrati oltre 420mila euro in contanti, insieme a 7,5 chilogrammi di cocaina. Le indagini su questa associazione a delinquere si sono poi intrecciate con quelle sull’imprenditore edile Antonino Luverà. Quest’ultimo è entrato nel mirino degli inquirenti un paio d’anni fa, quando l’ex sindaco di Seregno segnala, tramite un esposto, alcune anomalie procedurali in pratiche edilizie. La procura approfondisce la situazione, ma i dirigenti coinvolti si tirano indietro. Così Luverà cerca un altro punto di infiltrazione per realizzare il suo interesse: far modificare la direzione urbanistica dell’area dell’ex Autopullman Dell’Orto in commerciale, in modo da costruirvi un supermercato. A questo punto probabilmente cominciano i contatti con il sindaco Edoardo Mazza, a cui vengono promessi voti in cambio di favoritismi una volta eletto. Il connubio funziona, ma le intercettazioni e il lavoro degli inquirenti lo interrompono appena prima della modifica della direzione urbanistica dell’area.

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