VENEZIA. L’operazione del Ros Carabinieri contro la ‘ndrangheta – denominata “Terry” – ha portato, oggi, all’esecuzione di 7 ordini di custodia cautelare e 20 perquisizioni tra le province di Verona, Venezia, Vicenza, Treviso, Ancona, Genova e Crotone. Documentata dall’Arma, per la prima volta in Veneto, l’ operatività di un gruppo criminale a connotazione mafiosa in raccordo con imprenditori locali. Il blitz, in cui è stata disarticolata la famiglia «Multari», è l’epilogo dell’inchiesta iniziata nel 2017 dalla Procura Distrettuale Antimafia di Venezia, che ha permesso di ricostruire diversificate attività criminali, condotte con modalità mafiose da un nucleo familiare, trasferitosi nel veronese da oltre 30 anni. Le ipotesi di accusa sono estorsione, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, trasferimento fraudolento di valori, resistenza a pubblico ufficiale, incendio, minaccia, tentata frode processuale, commessi con modalità mafiose.
Tra gli arrestati ci sono tre fratelli, tutti appartenenti alla famiglia Multari. Tra questi figura Domenico, detto Gheddafi. I fratelli Multari hanno come base la cittadina veronese di Zimella. I calabresi hanno avviato la loro operatività in Veneto occupandosi di edilizia ma attualmente risultano essere attivi nella ristorazione.
Le indagini dei Ros coinvolgono i fratelli Domenico, Carmine e Fortunato ma ci sono anche Antonio e Alberto, figli di Domenico.
Veneziano è invece Francesco Crosera, titolare dell’omonimo cantiere navale di Quarto d’Altino, anch’egli tra gli arrestati. Il suo coinvolgimento con i Multari è insolito: si era rivolto a loro, spiegano gli investigatori, per fronteggiare un contenzioso in sede civile avviato da un cliente che gli aveva commissionato un lussuoso yacht, valore sette milioni di euro, che una volta varato e portato in Sardegna, nella zona di Alghero, aveva rlvelato dei difetti. Terry, il nome dell’operazione, è proprio il nome dello Yacht.
Per evitare una perizia, prevista in sede di contenzioso civile, Crosera avrebbe chiesto l’aiuto ai Multari per distruggere lo yacht. Per due volte, la prima nel 2015, e la seconda nel 2017, avrebbero tentato di dare fuoco allo yacht. Nel primo caso l’incendio venne evitato dall’intervento di un vigilante. Nel secondo furono i carabinieri, che stavano intercettando nel corso dell’indagine i componenti il sodalizio, ad evitare l’incendio facendo improvvisamente sparire dalla darsena sarda l’imbarcazione, scatenando l’ira degli arrestati.
Fonte: Mattino Padova