La ‘ndrangheta in Valle d’Aosta esiste e nello stesso tempo non esiste: due sentenze di tenore opposto della Cassazione hanno portato, nei giorni scorsi, alla riapertura del processo d’appello per l’inchiesta Geenna, relativa alla presenza di una presunta ‘locale’ valdostana collegata, in Calabria, alla cosca di San Luca. Lo riferisce un’agenzia ANSA.
Lo scorso 24 gennaio la quinta sezione della Suprema Corte ha annullato con rinvio cinque condanne per reati di associazione di stampo mafioso, concorso esterno e voto di scambio politico-mafioso; le carte sono così tornate ai giudici piemontesi. Ma il 20 aprile successivo un’altra sezione della Cassazione, la seconda, ha reso irrevocabili, sempre nell’ambito dell’inchiesta Geenna, alcune condanne per associazione mafiosa pronunciate al termine di un rito abbreviato. In base a questa sentenza, “il processo ha consentito di dimostrare” che in Valle d’Aosta operano dei “satelliti ‘ndranghetisti” che hanno “replicato dal 2014 un modello mafioso che si avvale dell’assoggettamento omertoso per controllare un determinato territorio e le attività, lecite e illecite, che vi hano luogo”. Nell’altro processo, sempre basato sull’inchiesta Geenna ma celebrato con rito ordinario da giudici diversi, “non è stato individuato alcun elemento da cui desumere quel necessario collegamento organico e funzionale della ‘neoformazione’ (valdostana – ndr) con il sodalizio-fonte”. Sarebbero solo emersi “alcuni viaggi” effettuati dalla Calabria ad Aosta da un “soggetto” che ha lo stesso cognome della “stirpe Nirta”. Da qui la necessità di rinviare gli atti per un approfondimento alla Corte d’appello di Torino, dove la causa riprenderà il 31 gennaio.