A distanza di 11 anni dall’uccisione di Marco Puntorieri, consumata a Reggio Calabria nel settembre 2011, la Dda ha notificato un avviso di conclusione indagini a Edoardo Mangiola, di 42 anni, accusato di essere il mandante.
Detenuto in carcere a Bologna perché coinvolto nell’inchiesta “Metameria”, confluita nel maxi-processo “Epicentro”, Mangiola è ritenuto esponente di primo piano della cosca Libri nell’ambito della quale sarebbe maturato l’omicidio Puntorieri, un delitto per cui sono stati già condannati all’ergastolo Domenico Ventura e Natale Cuzzola.
Questi ultimi, stando alle indagini coordinate dal pm Sara Amerio, hanno attirato “Puntorieri presso un luogo isolato nelle colline che risalgono il torrente Armo, nelle vicinanze di un casolare abbandonato, dove Ventura gli esplodeva contro alcuni colpi di fucile che raggiungevano la vittima anche alla testa, determinandone la morte istantanea”. Il tutto, per il pm, è rientrato “all’interno di un raffinato progetto criminale, volto a ridisegnare gli equilibri organizzativi della porzione esecutiva della più ampia cosca Libri che prevedeva l’eliminazione fisica del Puntorieri e quella per mano giudiziaria di Ventura”.
Dopo aver acquistato il materiale necessario per le videoriprese e dopo aver studiato la logistica dei luoghi in cui è avvenuto l’agguato, infatti, “Mangiola – si legge nel capo di imputazione – si appostava nei pressi del luogo in cui era consumato l’omicidio, riprendendo, anche direttamente tramite una videocamera mobile, talune fasi essenziali dell’azione che coinvolgeva il solo Ventura”. Quel filmato è stato consegnato ai carabinieri, tramite “le buone relazioni” di Mangiola con un maresciallo. “Nell’ambito del rapporto confidenziale” con il militare, infatti, secondo i pm, Mangiola avrebbe fatto recapitare alla stazione di Reggio-Modena “un file contenente video e fotogrammi che fornivano evidenti prove a carico del solo Ventura per l’omicidio”. Da qui, il primo processo concluso nel 2016 con la condanna all’ergastolo per i primi due imputati.
Quella verità processuale, però, per la Dda è solo parziale: dell’omicidio sarebbe responsabile anche Mangiola che ha agito, scrivono i pm, “insieme ad un altro complice”. (ANSA).